In questi giorni di profonde e preoccupanti incertezze in merito ai minacciati dazi USA che Donald Trump pensa di imporre nei confronti dell’Europa, la BCE ha condotto un’interessante analisi sugli effetti che il mercato e l’economia UE potrebbero subire stimando che ci saranno impatti importanti sia sulla crescita economica, che sul percorso a ribasso dell’inflazione: a dirlo è stata proprio la presidente della Banca europea Christine Lagarde in un recente intervento davanti alla Commissione affari economici del Parlamento UE, tenendo – però – solamente conto degli eventuali dazi USA su acciaio e alluminio che potrebbero essere ulteriormente estesi aumentandone gli effetti negativi sull’euro zona.
Partendo dal principio, Lagarde ci ha tenuto a mettere in chiaro senza alcun tipo di giro di parole che se quei dazi USA fossero effettivamente del 25% l’effetto immediato potrebbe essere quello di una riduzione “della crescita dell’area euro di circa 0,3 punti percentuali” nel solo primo anno di entrata in vigore per poi – ipotizzano i banchieri – ridursi a livelli leggermente più bassi con il passare del tempo; mentre in tal senso sempre a breve termine le tasse statunitensi aumenterebbero anche “significativamente” le incertezze dal punto di vista inflazionistico in virtù – quasi ovviamente – della riduzione “dell’attività economica”.
L’analisi di Lagarde: “Risposte europee ai dazi USA aumenterebbero ulteriormente l’incertezza”
Stime – sottolinea più volte Lagarde nel suo discorso – che attualmente sono “soggette a un’incertezza molto elevata” legata alle eventuali reazioni del resto del mondo, ma al contempo va anche tenuto conto che l’euro zona potrebbe subire delle conseguenze negative anche dall’eventuale risposta UE ai dazi USA: la prima – e forse più evidente – è legata al fatto che riducendo al contempo importazioni ed esportazioni, allora si ridurrebbe ulteriormente di “circa mezzo punto percentuale” la crescita economica.
Secondariamente, se l’UE rispondesse ai dazi USA rischierebbe anche di indebolire il “tasso di cambio dell’euro” dato che le misure ritorsive avrebbero effetti sulla “domanda statunitense di prodotti europei” e a qual punto è facile immaginare che a pagarne il prezzo sarebbe l’inflazione in una misura che per la BCE potrebbe essere di circa “mezzo punto percentuale”: a fronte di tutti questi rischi, secondo la banchiera francese diventa sempre più importante garantire che l’euro zona non si dimostri “vulnerabile”, accelerando soprattutto “sull’euro digitale” e sulla più volte citata “unione del mercato dei capitali“; peraltro sconsigliando di fare ragionamenti sul sequestro degli asseti russi per evitare che di accentuale l’instabilità finanziaria internazionale.
In tal senso, anche l’Istat recentemente ha riflettuto sull’effetto dei dazi USA incentrandosi sulla situazione italiana, ricordando che attualmente il bel paese esporta circa il 10% delle sue merci verso gli Stati Uniti denotando che l’effetto delle tasse di Trump sulle importazioni sarebbe naturalmente “rilevante“; il tutto – però – precisando anche che al contempo la mossa del tycoon sta anche aumentando l’incertezza sul mercato statunitense con la fiducia dei consumatori che attualmente si attesa al 57,9% rispetto al 64,7 dello scorso mese, portando l’inflazione al fino al 4,9% con una crescita di 0,6 punti percentuali in un solo mese.