Stando a quanto riportato da Bloomberg, oggi la Casa Bianca potrebbe annunciare nuovi dazi nei confronti di alcuni prodotti cinesi, tra cui pannelli solari, microchip, batterie e auto elettriche. In particolare, per quest’ultime non si esclude che dall’attuale 27,5% di tariffa doganale si arrivi addirittura al 100%. Una scelta che, a circa sei mesi dalle presidenziali, non appare casuale. Come ci spiega Mario Deaglio, Professore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino, infatti, «Biden, che deve combattere una dura battaglia elettorale, ritiene ragionevole perseguire una linea più intransigente nei confronti dei prodotti cinesi per non lasciarne “l’esclusiva” a Trump. Un modo per dire agli elettori di essere anch’egli in grado di tutelare le produzioni del Paese».
Gli Stati Uniti sono forse più liberi, rispetto all’Europa, di introdurre dazi su auto elettriche e pannelli solari: non hanno una transizione ecologica da portare avanti…
Questa è forse una delle differenze importanti tra Usa e Ue. Di fatto negli Stati Uniti si sta spingendo ancora sull’estrazione dello shale oil, che ha un fortissimo impatto ambientale, anche perché manca la consapevolezza ecologica che c’è in Europa. Di fatto, comunque, i cinesi si sono costruiti una leadership importante: sono capaci di produrre auto elettriche e di metterle sul mercato a un prezzo di circa 15.000 euro, per via anche del sostanziale monopolio di alcune materie prime cruciali, e da diverso tempo hanno scalzato la Germania nella realizzazione dei pannelli solari.
Come va letta, a suo avviso e dal punto di vista economico, la visita di Xi Jinping in Europa
della scorsa settimana?
Il Presidente cinese sta cercando di riprendere, sotto diversa dimensione, il discorso della Nuova Via della Seta. In questo momento, infatti, per Pechino è difficile raggiungere l’Europa dal Canale di Suez, dai Paesi dell’Est (per via del conflitto russo-ucraino) e anche tramite Panama, visto che, causa siccità, nel Canale non possono transitare navi troppo grandi. Credo, quindi, che Xi Jinping sia venuto a evidenziare che c’è la possibilità di una collaborazione, visto che l’Europa considera la Cina un mercato di sbocco importante e il gigante asiatico ha prodotti interessanti per l’Ue.
Gli Stati Uniti potrebbero accettare questa collaborazione tra Europa e Cina?
Forse ci stiamo dimenticando che tra Usa e Ue da un po’ di tempo è in atto una sotterranea guerra commerciale. Pensiamo solo all’Ira che di fatto è un incentivo per le aziende europee a trasferire la produzione oltreoceano.
Nei giorni scorsi si è ipotizzata l’introduzione di dazi europei sulle auto elettriche cinesi. La Germania, però, teme ritorsioni. Cosa ne pensa?
I tedeschi riescono ancora a produrre valide auto elettriche nel segmento premium, che hanno anche un buon riscontro di vendite in Cina, dunque c’è il forte timore dei danni che potrebbe patire l’automotive, che è ormai l’unica grande industria rimasta alla Germania. Purtroppo l’Ue ha commesso un errore nel prestabilire la fine del motore endotermico al 2035: non saremo in grado di passare a una mobilità totalmente elettrica in pochi anni, a meno che non sopraggiungano innovazioni importanti nel campo delle batterie. Non escludo, quindi, che dopo le elezioni europee possa esserci qualche ripensamento sui traguardi temporali della transizione.
La Francia sembra, però, più propensa a introdurre i dazi. Vista la posizione tedesca, cosa farà alla fine l’Europa?
Dipende molto da come andranno le elezioni europee, il cui risultato non mi sembra scontato: ne potrebbe derivare anche un’Europa poco governabile. In ogni caso non dobbiamo dimenticare che sono già arrivate mega-navi cariche di auto elettriche cinesi in Europa e che Pechino sta lavorando all’apertura di stabilimenti in territorio Ue: i dazi, pertanto, sarebbero facilmente aggirabili.
All’Europa converrebbe comunque non cercare uno scontro con la Cina…
Sì. Non dimentichiamo che la Cina potrebbe mettere sul piatto una decisione importante, cioè quella di sostenere in misura minore la Russia. Non tanto nella fornitura di armi in quanto tali, ma della componentistica per realizzarle. Pechino potrebbe anche decidere di acquistare meno gas e petrolio da Mosca.
(Lorenzo Torrisi)
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