Ha preso finalmente vita la Carta per i diritti delle persone anziane e i doveri della comunità. Dopo il tanto parlare degli ultimi anni, ora si aspettano i decreti attuativi. Chi ha voluto fortemente il Ddl Anziani è monsignor Vincenzo Paglia, il motore tramite la Commissione per la riforma dell’assistenza agli anziani che ha presieduto, nata nel contesto della pandemia Covid, durante la quale c’è stata una vera e propria strage di anziani. La pandemia, tra l’altro, «ha fatto emergere la contraddizione di una società che per un verso sa allungare la vita delle persone ma per l’altro la riempie di solitudine e di abbandono. Il Covid ha eliminato migliaia di anziani perché noi li avevamo già abbandonati». La sfida è eliminare le gravi carenze nel sistema assistenziale.
Per riuscirci bisogna avere una visione nuova della vecchiaia. «Per questo siamo partiti con la Carta, ci sembrava la base essenziale per una vera rivoluzione copernicana non solo del sistema assistenziale dedicato agli anziani, ma anche per ristabilire il loro ruolo effettivo nella società». La vecchiaia non è il tramonto della vita, un declino inevitabile fatto di malattie e dolore. «La longevità non è una semplice aggiunta temporale, modifica profondamente il nostro rapporto con l’intera vita», osserva Paglia a Il Tempo. La legge, approvata senza nessun voto contrario in Parlamento, «può difendere gli anziani più fragili e soli. Può aiutare ad avviare intere generazioni ad una coscienza nuova della “età grande”, come mi piace definirla».
DDL ANZIANI, I QUATTRO CARDINI SECONDO PAGLIA
Gli anziani sono e restano una incredibile risorsa del Paese per Paglia. «Sono coinvolti nella cura dei nipoti o della terra, assistono i propri cari e curano i loro beni, seguono con passione e interesse i problemi del paese, cercano di contribuire al suo sviluppo con la loro esperienza e voglia di fare», dichiara a Il Tempo il Presidente della Pontificia accademia per la vita, Gran cancelliere del Pontificio istituto Giovanni Paolo II e consigliere spirituale della Comunità di Sant’Egidio. La legge, dunque, deve aiutare gli anziani a casa, con assistenza e solidarietà, prevenire le conseguenze della loro fragilità, combattere la solitudine coinvolgendo la società civile, e propiziare una vita attiva, socialmente inserita. «Quattro cardini irrinunciabili». Il sogno di Paglia è trasformare gli anziani in una chance di sviluppo. A guidare questa trasformazione è «nuova intera catena di comando». Dall’alto, tramite il Comitato interministeriale per le politiche in favore della popolazione anziana (Cipa), chiamato a coinvolgere tutti i ministeri interessati, dal basso «con una strategia di sperimentazioni che coinvolga non solo le istituzioni ma anche i territori, il Terzo settore, il mondo del volontariato, le famiglie e i caregiver».
La riforma non vuole imporre un modello unico, ma procedere «secondo una logica di sperimentazioni che saranno proposte nei territori, secondo modelli misti pubblico – privato, che coinvolgano davvero tutti alla ricerca di buone pratiche che funzionino per qualità, efficacia ed efficienza». Un esempio: i territori avanzano le proposte, che vengono valutate e filtrate da una segreteria tecnica del Cipa, gestite economicamente dall’Inps e certificate da Agenas. «Se sono accettate, e producono risparmi reali, il Mef le porta a sistema in modo definitivo». Il meccanismo è ambizioso, ma non semplice da realizzare. Ma Paglia segnala che le Commissioni sono già in campo, c’è la viceministro Bellucci che coordina gli sforzi degli uffici giuridici e amministrativi dei ministeri coinvolti, mentre il ministro della Salute Schillaci ha rinnovato e rafforzato la Commissione tecnica che formula i contenuti della riforma.