Il Senato si è espresso dando una linea di indirizzo precisa: con l’approvazione del DDL sui cibi sintetici, l’aula di palazzo Madama ha approvato il disegno di legge che vieta la produzione, l’immissione sul mercato e l’importazione in Italia di alimenti e mangimi artificiali, lasciando invece aperte le porte alla ricerca.
L’Italia diventa così capofila in Europa, a livello normativo, nella lotta a questo fenomeno, adottando una postura che, in base ai dati Notosondaggi, viene condivisa e sostenuta da 3 italiani su 4 (74%), dichiaratamente contrari al consumo di latte, carne e pesce prodotti in laboratorio. Una posizione, quest’ultima, che trova il convinto appoggio di Coldiretti, da tempo impegnata in una mobilitazione che ha portato alla raccolta di oltre 2 milioni di firme a sostegno del provvedimento, con oltre 2mila comuni che hanno deliberato a favore spesso all’unanimità, tutte le Regioni di ogni colore politico ed esponenti di tutti gli schieramenti, oltre a Ministri e Sottosegretari, Parlamentari nazionali ed europei e Sindaci.
Ma va detto anche che il provvedimento rischia di mettere in difficoltà un comparto molto vitale dell’agroalimentare italiano, quello dei prodotti contenenti “proteine vegetali”. E questo perché il DDL vieta l’utilizzo per i prodotti a base vegetale di denominazioni che si ispirano a ricettazioni e preparazioni alimentari utilizzate anche per la carne o il pesce, e/o a terminologie della macelleria, salumeria e pescheria. “Questi prodotti sono di casa sulle tavole di oltre 20 milioni di italiani che li consumano regolarmente e che da oltre 30 anni sono abituati a chiamarli così – dichiarano le aziende del Gruppo Prodotti a base vegetale di Unione Italiana Food -. Si tratta di consumatori che li hanno provati, apprezzati e che hanno deciso di inserirli nella loro dieta. Lo hanno fatto per esigenze di salute, per questioni etiche, per aumentare il consumo di vegetali e per diverse altre ragioni, ben consapevoli di cosa sono fatti. Chi li sceglie si informa bene. Il livello di consapevolezza sulla composizione dei prodotti a base vegetale è infatti oggi molto alto tra i consumatori: il 79,3% legge attentamente le etichette di questi prodotti (percentuale che sale fino al 92% presso i consumatori più fedeli), 8 consumatori su 10 le reputano ‘esplicite e chiare’, ‘facili da leggere e comprensibili’, ‘veritiere e non fuorvianti’”.
E da qui, l’attacco: “Perché allora questo intervento?” si chiedono le aziende del Gruppo Prodotti a base vegetale di Unione Italiana Food, che incalzano: “E perché inserire l’emendamento in un DDL che si occupa di cibo sintetico con cui i nostri prodotti non hanno nulla in comune, né per caratteristiche, né per materie prime usate né per lavorazione? Ricordiamo infatti che i prodotti a base vegetale nascono da materie prime agricole tradizionali, che fanno parte da sempre della nostra alimentazione, come verdure, cereali e legumi, e aiutano a portare in tavola uno degli ingredienti – i vegetali – che è alla base della dieta mediterranea, considerata in tutto il mondo uno dei modelli alimentari più equilibrato e salutare”.
Il settore dunque esprime “profonda delusione e preoccupazione” per l’approvazione del DDL in Senato: “crea un grave danno ai consumatori, che ora sì saranno confusi, e a un importante settore industriale, con le sue aziende e i suoi lavoratori”, tuonano le aziende del Gruppo Prodotti a base vegetale di Unione Italiana Food, che aggiungono: “Questo divieto nelle denominazioni metterà a rischio un comparto in continua crescita (+10% nel 2021) e aziende (e dunque i loro i lavoratori) che operano in questo settore da decenni offrendo prodotti sani, naturali e sostenibili. Marche che comunicano i propri prodotti con modalità e denominazioni chiare, auto esplicative, nel pieno rispetto delle norme. Le nostre etichette permettono al consumatore di reperire e scegliere facilmente sugli scaffali, senza rischi di confusione, i prodotti che vogliono portare in tavola. Il divieto finirà, invece, per ottenere l’effetto opposto a quello desiderato, generando confusione e disorientamento per decine di milioni di italiani, che consumano abitualmente questi prodotti nell’ambito di una dieta varia ed equilibrata, oltre che attenta all’ambiente. Sarebbe giusto continuare semplicemente a denominare i prodotti a base vegetale per come il consumatore è abituato a identificarli, lasciandogli la totale libertà di scegliere cosa, come e quando mangiarli”.
Un appello chiaro, lanciato in previsione del prossimo passaggio legislativo: dopo il Senato, infatti, il provvedimento passa ora al vaglio della Camera dei deputati.
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