La notizia è stata diffusa solo tra gli addetti al settore: è pronta la bozza del Ddl sulla non autosufficienza, una legge attesa da anni e anni, come tante che riguardano la disabilità. Il ministero del Lavoro, insieme al ministero della Salute, ha elaborato una proposta di legge. La riforma della non autosufficienza va fatta adesso, insieme a quella dell’assistenza territoriale e della disabilità. Una proposta di testo per la legge delega c’è, quella della commissione Turco, sicuramente migliorabile, ma  non migliorerà se non la si discute nelle sedi preposte, dunque in Parlamento. 



Il testo prevede l’adozione di “Linee guida nazionali per l’inclusione e la promozione dell’accessibilità delle persone anziane e fragili ai servizi e alle risorse del territorio” sulla base delle quali costruire appositi Piani d’azione sul territorio. Sono previste forme innovative di coabitazione solidale domiciliare per le persone anziane e anche misure di sostegno ai familiari conviventi impegnati nell’assistenza diretta alla persona non autosufficiente, oltre che in Fondo per la non autosufficienza da adeguare ogni tre anni. 



Il testo  riempie la non autosufficienza di due categorie che tra loro non hanno nulla da spartire e cioè anziani e persone disabili. A riprova  di ciò  è il fatto che non si possono ricoverare nella stessa struttura, perché se è vero che l’anzianità è uno status anagrafico, la disabilità è una condizione che tocca anche ai neonati. Per esempio,  i caregiver che non lavorano, perché fanno assistenza h24, non sono considerati e quindi esistono caregiver familiari di serie A e di serie B? Ma ha senso nella proposta del gruppo Turco non ancora ufficialmente arrivata al cdm  un articolo dedicato ai caregiver familiari in una legge sulla non autosufficienza quando esiste una legge dedicata (il Dddl 1461) che attende di essere perfezionata? 



Ricordo che tutti gli emendamenti presentati sul caregiver familiare nella discussione della legge delega sulla disabilità, lo scorso dicembre, sono stati fatti ritirare dalla Ministro Stefani con la motivazione che appunto esiste la legge, o meglio il Ddl giacente al Senato – che andrebbe approvato. Ma, quando riprendono i lavori per il Ddl 1461? 

Certo è che la riforma della non autosufficienza va fatta adesso, per renderla coerente con le altre riforme in corso. Sono  tematiche che devono andare insieme, altrimenti si rischia di buttare soldi. Ma ci ricordiamo a proposito di non autosufficienza e disabilità cos’è previsto per  organizzare i servizi sociali, sanitari e sociosanitari con quanto indicato in legge di bilancio e nel DM 71 e poi successivamente con la legge sulla disabilità, ecco perché serve un disegno organico minimo. Certo sappiamo che a un anno dalla fine della legislatura è molto complesso  affrontare la revisione dell’indennità di accompagnamento, un eventuale obbligo di assicurazione per la long term care, un rafforzamento vero dell’assistenza domiciliare per evitare l’istituzionalizzazione. Insomma, urge  un impianto complessivo che significa  rivedere il Titolo V della Costituzione. E stando con i piedi per terra dobbiamo fare ciò che è realisticamente fattibile, che non per forza sarà il meglio, oppure non ci riusciamo perché non si è in grado di trovare la strada per la tanto attesa riforma della non autosufficienza. E allora diciamolo. Ma per favore ci si assuma il proprio pezzo di responsabilità: il Governo di fare una proposta, il Parlamento di migliorarla  senza fare confusioni  di testi in campo, giochi politici  di contrapposizione sulla pelle delle persone che da tantissimo attendono un riordino della situazione degli italiani più fragili. 

Tra le questioni da affrontare bisogna prevedere un sistema multilivello di governance istituzionale che mira a ricomporre, in organismi unitari di competenza  delle diverse amministrazioni coinvolte nello SNA.  Un assetto di governance che deve costruire una filiera di risposte – differenziate e complementari – che tenga insieme servizi residenziali, semiresidenziali, domiciliari, trasferimenti monetari,  che riguardano, da un lato, la rimodulazione delle rette a carico della persona in presidi residenziali e non residenziali (inclusa una revisione complessiva che presti attenzione alle condizioni di impoverimento in cui alcuni anziani si trovano) e, dall’altro, l’istituzione di un secondo pilastro integrativo, con funzione complementare rispetto alle prestazioni assicurate attraverso il finanziamento pubblico dei livelli essenziali.

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