Contro il ddl Pillon sull’affido condiviso si sono schierate tutte le forze politiche di opposizione, con una potenza d’urto che stupisce, considerando che gli archivi di Camera e Senato sono pieni di disegni di legge mai arrivati in Aula perché non hanno mai superato l’esame delle Commissioni di competenza. Ma la guerra al ddl Pillon è davvero singolare, perché va oltre l’articolato della norma, francamente non condivisibile per quel suo piglio maschilista che tiene ben poco in conto i diritti delle madri e dei bambini. Pillon ha scritto la “sua” legge senza confrontarsi previamente con le parti sociali; neppure con i suoi alleati di governo; non ha sentito il bisogno di sottoporre il suo progetto ad un confronto informale in area politica in chiave trasversale; ha ritenuto che la sua esperienza di avvocato matrimonialista gli consentisse di sapere a priori cosa fosse bene e cosa fosse sbagliato. Il suo approccio iniziale è stato quello un po’ ingenuo di chi crede di saper tutto sul tema famiglia, non a caso era stato vicepresidente del Forum delle Famiglie, protagonista indiscusso del Family Day, per cui appena approdato in Senato ha presentato la sua legge, senza tener conto delle dinamiche complesse che circondano determinati temi come quello, appunto, della famiglia. Ma il ddl Pillon continua a far discutere anche per un certo approccio decisamente maschilista, che entra in rotta di collisione con chi da decenni cerca di stare dalla parte delle donne e della loro difficilissima ricerca del punto di equilibrio tra cura dei figli e impegno professionale.



Che la legge sull’affido vada rivista è opinione condivisa; che nella situazione attuale il bambino sia considerato una sorta di “oggetto” con cui padre e madre si vendicano dei torti subiti dall’altro coniuge o compagno è altrettanto certo. Ma l’errore strutturale del ddl Pillon è proprio quello di non aver posto al centro della riflessione normativa il bambino, con le sue esigenze affettive e materiali; con il suo progetto di vita fondato su scelte libere e consapevoli. Il ddl Pillon non risolve i problemi già noti, che si sperimentano quotidianamente soprattutto all’inizio della separazione, ma esaspera quelli esistenti.



La proposta di legge guarda la separazione delle coppie senza porsi nell’ottica dei bambini e dei loro diritti, ma resta nell’ottica di adulti che debbono affrontare una situazione impegnativa, a cui non sono preparati, e tenta un capovolgimento di prospettive mettendo al centro il padre separato, i suoi diritti rafforzati e i suoi doveri dimezzati. Non a caso il ddl carica sulla figura materna un ben più pesante onere economico-organizzativo, in nome di quella parità che penalizza anche in questo caso la donna. E ovviamente tutte le donne in forma politicamente organizzata, soprattutto nel Pd, si sono ribellate, scatenando una guerra di cui le agenzie di stampa sono in un certo senso un pallido riflesso.



Ben venga dunque l’ipotesi emersa oggi in commissione Giustizia: riprendere tutti i disegni di legge presentati in questa legislatura dai diversi partiti in materia di affido condiviso; formare un comitato ristretto che elabori un testo unico e quindi sottoporre il testo unico prima alla commissione perché faccia tutti gli emendamenti che ritiene opportuni. Portarlo successivamente in aula in Senato e poi, debitamente emendato, spedirlo alla Camera dove ricomincerà da capo tutta la trafila. Integrare il disegno di legge proveniente dal Senato con altri eventuali disegni di legge presentati a Montecitorio, emendarlo, approvarlo prima in commissione e poi in Aula e quindi rispedirlo in Senato per un’ulteriore lettura e rivalutazione. È il normale iter di ogni disegno di legge in un sistema bicamerale perfetto. Non è facile sopravvivere a tutto questo processo oggettivamente complesso, e alla fine c’è da sperare che delle distorsioni dell’iniziale ddl Pillon resti ben poco, e invece sia migliorata la legge sull’affido, con la collaborazione di tutti e nel supremo interesse del minore. Ma per questo serve un testo migliore e un clima migliore, all’insegna della collaborazione tra tutti partiti e senza personalismi da parte di nessuno.