Tante voci circolano in questi giorni e come tali le dovremmo trattare, se non vogliamo cadere nella trappola della politica degli annunci. Tra queste è insistente la voce che il Governo stia predisponendo un atto di legge per proteggere in qualche modo gli agenti di Polizia che usano le armi da fuoco in servizio. Pare che la questione sia allo studio di Palazzo Chigi, ma è talmente in alto mare che anche il Presidente della Repubblica ancora non se ne interessa in attesa di conoscerne i termini. La materia per ora sta solo fornendo ai giornali aria da friggere, quasi a distrarre la gente da problemi più importanti.
Il casus belli della questione sta nell’immediata iscrizione dell’agente nel registro degli indagati, iscrizione che si vorrebbe non fosse più automatica. Dipende dal contesto. Una persona uccisa, ancorché appartenente alla peggiore feccia del mondo, merita sicuramente un minimo di indagine e a chi ha sparato sono dovute la garanzia di legge. Anche se, volendo sgombrare la questione da tutti i dubbi, basterebbe affidare le indagini a magistrati con una certa esperienza, con indagini in tempi contingentati. Infine si dovrebbe affidare il giudizio a organi collegiali e la difesa all’avvocatura dello Stato.
Non voglio addentrarmi ora nelle varie ipotesi che circolano sulla stampa. Una riflessione sulla situazione generale dell’ordine pubblico in Italia va però almeno abbozzata. Perché né la magistratura, né la politica, e neanche la gente sono contro la Polizia. E il rapporto tra le forze dell’ordine e la legge dovrebbe essere analizzato e se del caso rivisto in un clima sereno, infatti le decisioni avventate o poco serene provocano danni peggiori dei problemi che vogliono risolvere.
Ma non è questo il tempo. I partiti, specialmente quelli di opposizione, attraversano una tale assenza di idee e di progetti che si vive in una campagna elettorale permanente. La scarsezza di argomenti costringe i vari arruffapopolo dediti solo alla ricerca del consenso a ridurre tutto a una guerra di religione in cui il discrimine tra le parti non è la proposta politica, ma il credere o il non credere. Tutto diventa propaganda. E in un clima da racconto orwelliano, si aizzano le frange estreme, facendo credere che proteggendole si difendono i diritti civili di tutti. Dopo che la storia ha sconfitto tutte le ideologie pauperiste che avevano avvelenato il 900, si cerca di farle rientrare nella società facendole passare per lotta in difesa dei diritti, per l’inclusione e per l’ambientalismo. Ma non ci dobbiamo vergognare se ci siamo fatti un minimo di spazio nella vita senza rubare niente a nessuno. Nessuno in nome dell’equità sociale può rubare o distruggere ciò che non riesce a guadagnare secondo le regole.
In questa ottica, il solo annuncio della misura allo studio, di cui forse non vi sarebbe neanche bisogno, ha creato forti polemiche e si è diffusa la sensazione che potrebbe violare il principio dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Il governo deve essere cauto, perché la materia è importante quanto difficile.
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