Continuiamo la nostra riflessione. Contra factum, si dice, non valet argumentum. In Olanda nel 2020 le segnalazioni di morti per eutanasia sono state 6.938, il più alto numero dal 2002 quando la legge è entrata in vigore, con un aumento del 9% rispetto all’anno precedente. Nel 2003 le uccisioni su richiesta erano state 1.815, pari all’1,28% dei decessi nella popolazione, mentre adesso sono il 4,5%, se si escludono quelli per Covid. Trasferendo il calcolo al nostro paese, è come se in Italia nel 2020 fosse stata procurata la morte legalmente a circa 30mila persone.



Basterebbe questo nudo numero per toccare con mano l’enormità del fenomeno, che si chiami eutanasia o con uno dei suoi tanti sinonimi: morte volontaria assistita, morte medicalmente assistita, suicidio razionale, suicidio assistito, morte pianificata, morte su richiesta, morte procurata. La differenza, quando c’è, è solo procedurale, non sostanziale: si fa morire una persona che lo chiede e dichiara di soffrire in modo intollerabile, e non è reato se lo si fa secondo modalità e limiti indicati in una legge, solitamente all’interno del servizio sanitario nazionale. È un evento che rientra nelle esperienze non più eccezionali ma possibili nella vita di comuni cittadini, e in quanto tale il ricorrervi sempre più diffusamente non fa notizia.



Le morti assistite sono in aumento in tutti i paesi dove consentite, e la pandemia non sembra aver influenzato il trend. E d’altra parte, come osserva Jeroen Recourt, il Presidente della Rte, la Commissione olandese che verifica ex post la legalità dei decessi procurati, “Sempre più generazioni vedono l’eutanasia come una soluzione per una sofferenza insopportabile… il pensiero che l’eutanasia sia un’opzione di fronte a una sofferenza senza speranza porta pace [a molte persone]”.

Se aumenta la domanda cresce anche l’offerta del “servizio” eutanasico: in Olanda, ad esempio, nel tempo si è sviluppata una rete di professionalità dedicate a chi vuole pianificare la propria morte. Nel 2012 è nata la End of Life Clinic, che nel settembre 2019 ha cambiato il nome in Expertisecentrum Euthanasie (Centro di competenza per l’eutanasia). È una organizzazione che conta circa 140 dottori e infermieri in tutto il paese, a cui ci si rivolge quando il proprio medico curante non può o non vuole accogliere la richiesta di eutanasia. La pandemia non ha modificato il trend in aumento delle domande a questo centro, che dal 1° settembre 2019 al 31 agosto 2020 ne ha ricevute 2.790 e ne ha accolte 848 (il 17% in più rispetto al 2018).



Ma c’è anche chi vuole morire senza la presenza di terzi, in un momento e in un luogo a sua scelta, e allora può rivolgersi alla Coöperatie Laatste Wil (Cooperativa ultimo testamento) un’organizzazione che si batte perché la morte assistita possa essere offerta legalmente anche da personale non medico. Nella home page del loro sito si legge: “L’autodeterminazione è un diritto e un punto di partenza. Molte persone vogliono decidere da sole come e quando porre fine alla loro vita. Senza che un medico, un consulente o chiunque altro possa bloccarlo. Perché solo noi possiamo determinare se la nostra vita è finita o quando la sofferenza è insopportabile. Insieme, possiamo assicurarci di avere il controllo della fine della vita e di avere a disposizione le informazioni e le risorse necessarie”.

Anche nel vicino Belgio la legge che depenalizza l’eutanasia è in vigore dal 2002, con un aumento fino agli anni 2018-2019 – da 2.359 a 2.656 i casi, e una diminuzione in pandemia, nel 2020, quando ne sono stati segnalati 2.444. Molti esperti, però, denunciano da tempo che le cifre ufficiali sono sottodimensionate, e rappresentano il 60% delle morti realmente procurate. In Canada nel 2020 le eutanasie sono state 7.595: il 34% in più rispetto all’anno precedente, il 2,5% di tutti i decessi. Da metà 2016, quando è entrata in vigore la legge, le morti su richiesta sono state 21.589. La legge è già stata modificata rispetto al suo testo iniziale: dopo consultazioni che hanno coinvolto 300mila cittadini e 120 esperti, a marzo di quest’anno l’accesso si è ampliato includendo anche coloro per cui la morte non è ragionevolmente prevedibile. Dal marzo 2023 la morte pianificata sarà possibile anche per chi soffre solo di malattie mentali, cioè di patologie psichiatriche: depressione e disordini della personalità (non le neurodegenerative). Lo scorso agosto il dibattito si è riacceso in Quebec per via della richiesta di eutanasia da parte della madre di un bambino di 4 anni affetto da una malattia rara incurabile.

In Australia, lo stato di Victoria consente l’eutanasia dal giugno 2019: fino al 30 giugno 2021 le richieste sono state 836, accolte 597, eseguite 331. Anche durante la pandemia le domande di accesso alla morte procurata sono aumentate, insieme al numero di medici disponibili ad effettuarle.

Esiste poi l’eutanasia della vecchiaia, quando di irreversibile non c’è una patologia ma solo l’età e le condizioni ad essa legate. Significativo a proposito il “caso tipico” di polipatologia, riportato come esempio nel report ufficiale olandese: una donna di oltre 90 anni, che vive in casa, indipendente e autosufficiente, senza alcuna forma di assistenza, cade, si rompe l’anca, si ricovera in ospedale per due mesi e quando ne esce deve andare in una casa di cura. Non può più stare in piedi, muoversi, camminare, e deve essere issata dentro e fuori il letto. Ha dolori all’anca, problemi di udito e di vista, incontinenza urinaria. Nella struttura dove si è dovuta trasferire vive sola nella sua stanza. Il ricovero nella casa di cura e la completa dipendenza sono terribili per lei. Dal momento in cui è stata ammessa nella casa di cura aveva discusso dell’eutanasia con il medico, e la morte è stata procurata quasi tre mesi dopo.

Il quadro politico attuale

Le commissioni Giustizia e Affari sociali della Camera hanno licenziato la nuova formulazione delle norme che consentono il suicido medicalmente assistito. Sono in arrivo una valanga di emendamenti, con la ferma contrarietà di Lega, Forza Italia, Coraggio Italia, assieme a FdI. In altri termini sembra che si possa affermare che l’eutanasia sta a sinistra, intendendo per sinistra Pd-M5s, mentre le cure palliative stanno a centrodestra, intendendo quell’area del Parlamento di cui fanno parte Udc, Lega, Forza Italia, Coraggio Italia, FdI.

Non ci sono dubbi: per allargata che sia la maggioranza, per quanto si vogliano far apparire le larghe intese come una garanzia per questo governo, davanti a valori forti, strutturali della nostra società, le differenze ci sono e si vedono. L’ostinazione della sinistra nel riconoscimento di nuovi diritti, per esempio il diritto a morire quando, come e dove voglio, così come il diritto al consumo di droghe, anche questo quando e come voglio, o il diritto alla scelta della propria identità in materia di genere, costituisce ancora oggi una delle linee di frontiera più evidenti rispetto al centrodestra, non solo agli iscritti dei rispettivi partiti, ma anche alla pubblica opinione.

A questa legge ci opporremo con forza e con convinzione, anche perché è ambigua, scritta male e contraddittoria in molti passaggi. Fa della libertà del paziente un orizzonte di morte e fatica a riconoscere la libertà del medico che per scelta di coscienza sta dalla parte della vita. Nega il fondamento del giuramento di Ippocrate e sembra ribaltare il mandato specifico previsto dal quinto comandamento: “Non uccidere”, che pure appartiene alla cultura di tutti i popoli e di tutti i tempi. Riduce il concetto di dignità alla dignità del fare e nega il valore della dignità come dignità dell’essere. La linea politica scelta dall’intero centrodestra è quella che si schiera dalla parte della vita e della sua intrinseca dignità, del valore di ogni uomo in sé stesso. Propone di intensificare le cure palliative, sia in forma domiciliare che negli Hospice e nelle Rsa, insiste sulla dimensione socio-assistenziale della relazione di cura e punta sulle reti di solidarietà e sussidiarietà che tanti volontari hanno messo in piedi con associazioni davvero straordinarie per generosità e capacità di accompagnamento.

Il centrodestra inoltre ha sempre valorizzato il valore della famiglia come garanzia di coesione sociale proprio per la stabilità dei suoi legami intergenerazionali, capaci di non far sentire mai nessuno solo. Legami che non negano il dolore, ma lo condividono; danno senso alla vita anche in condizioni estreme perché non hanno paura di riconoscere il valore e la forza dell’amore, nell’ottica di un dono forte e incondizionato, che dura nel tempo.

Dispiace riconoscere con quanta insistenza e da quanti anni il Pd sembra rincorrere la legge sull’eutanasia, pur non chiamandola così neppure questa volta. Nella precedente legislatura, fu il Pd a volere nella legge sulle Dat tutte le ampie aperture all’eutanasia, come espressamente riconosciuto dalla Corte costituzionale. Un gruppo di deputati di centrodestra denunciò questa operazione di mistificazione, che poneva le basi dell’eutanasia senza neppure nominarla, ma fu accusato di vedere il pericolo laddove il pericolo non esisteva. E così siamo arrivati alla legge attuale. Anch’essa da respingere al mittente.

(2 – fine) 

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