Dopo la bocciatura della Consulta del referendum sull’eutanasia, gli occhi sono puntati sulla proposta di legge sull’eutanasia. Gli schieramenti di Centrosinistra e di Centrodestra appaiono però compattamente allineati su posizioni radicalmente diverse, che non possono essere ignorate né dal Governo né dagli italiani che guardano alla attività parlamentare spesso senza riuscire a comprendere le ragioni di certe scelte.



La proposta di legge giunge in Aula due anni dopo la sentenza con la quale la Corte Costituzionale ha sollecitato un intervento del legislatore, denunciando un vulnus normativo legato alla Legge  219/2017: Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, nota come legge sulle DAT che fu approvata, dopo un lungo e acceso dibattito, con i voti dell’asse Pd-M5S e venne contestata anche allora dal Centrodestra, che intravvedeva con chiarezza la potenziale deriva eutanasica. Deriva negata da Pd-M5S e confermata invece dalla Consulta due anni dopo.



Non si può capire il clima, gli accenti e i contenuti del dibattito attuale senza riferirsi a quanto fu detto allora proprio da vari esponenti del Pd, a cominciare dalla relatrice Lenzi e dal Presidente della Commissione Affari sociali della Camera, Mario Marazziti. Nei loro interventi, ancora oggi è possibile leggere con quanta sicurezza assicurarono che la legge 219 rappresentava il più sicuro argine a successive derive eutanasiche. Cosa puntualmente smentita dai fatti e che ha invece sollecitato la Corte Costituzionale ad intervenire, dichiarando la necessità di dover completare quanto introdotto dalla legge 219 e quindi arrivare a formulare una legge sulla eutanasia. Tra le ragioni ipotizzate quella di dover prevenire ulteriori usi e abusi della norma. Ma è esperienza nota che dove è stata promulgata una legge in tal senso, Olanda e Belgio ad esempio, i casi di eutanasia si siano moltiplicati e gli stessi criteri di contenimento progressivamente sbriciolati. La proposta di legge in discussione alla Camera oggi riflette tutta la grande ipocrisia con cui venne approvata cinque anni fa la legge sulle Dat.



La proposta di legge sull’eutanasia

La proposta di legge reca disposizioni in materia di “morte volontaria medicalmente assistita”, cercando di evitare il termine eutanasia, ancora ampiamente urticante per una larga parte della pubblica opinione, ricorre ad una perifrasi per indicare l’eutanasia. La proposta è composta da 8 articoli che indicano finalità della legge, presupposti e condizioni, requisiti, forma della richiesta e modalità. Prevede, anche in forma retroattiva, l’esclusione di punibilità per il personale sanitario che applica la legge e l’istituzione di Comitati per l’etica nella clinica. La normativa è rivolta a persone maggiorenni, capaci di prendere decisioni libere e consapevoli, affette da condizioni fisiche o psicologiche intollerabili, con condizione clinica irreversibile; tenute in vita da trattamenti di sostegno vitale; assistite o meno da cure palliative.

Ognuna di queste espressioni usate dalla norma è ambigua e suscettibile di interpretazioni plurime che nel tempo non mancheranno di suscitare un vero e proprio contenzioso o comunque di aprire la strada ad una vera e propria deriva eutanasica. Basterebbe, ad esempio, porre cinque domande ad un bravo medico per ottenere risposte assai diverse tra loro: qual è il grado di libertà e di consapevolezza di una persona che decide di suicidarsi; quando si può oggettivamente parlare di sofferenza psico-fisica intollerabile; quali e quante sono le condizioni cliniche irreversibili; quante sono le persone che morirebbero se venisse loro sottratto un qualunque supporto salvavita; e infine se conosce persone che godendo di cure palliative di qualità abbiano mai chiesto di essere aiutate a suicidarsi.

Ogni parola della norma necessiterebbe di essere rivista, precisata, corretta, modificata; ogni concetto appare ambiguo e molte responsabilità del SSN che potrebbero prevenire la richiesta di suicidio non sono state attivate negli anni. A cominciare dalla stessa legge 38/2010 che prevedeva un’ampia estensione delle cure palliative, domiciliari o in Hospice, una intensa attività di ricerca nel campo della terapia del dolore e comunque una riflessione critica su cosa debba intendersi per condizione clinica irreversibile, pensando alle tante patologie neuro-degenerative, a tanti tumori rari, o comunque alle infinite malattie ancora in cerca di un farmaco orfano per cambiare la storia naturale della malattia.

Una legge che chiede con forza di essere emendata e che come tale è stata affrontata dal Centrodestra, senza ricevere nessun concreto segnale di comprensione e condivisione da parte dei colleghi del Centrosinistra, arroccati nella loro posizione di difesa ostinata di una brutta legge, di cui probabilmente la consulta tra un paio d’anni rivelerà le ulteriori ragioni di incostituzionalità.

Conseguenze politiche: qualcuno se lo chiede, nel governo, tra la gente, nella stessa Chiesa…

Come può Alfredo Bazoli dopo la massiccia pioggia di No agli emendamenti del Centrodestra affermare che il testo sia “un buon punto di sintesi tra posizioni molti distanti e sensibilità molto diverse”. Questa è la legge che ha voluto la Sinistra e che di fatto sdogana un drammatico principio nel SSN: i medici possono aiutare i pazienti a suicidarsi; il SSN non offre più le garanzie di cura che ogni paziente ha diritto ad attendersi, compreso il supporto psicologico spesso essenziale in un potenziale suicida. Di prevenzione del suicidio non si parla; eppure ci sono in Italia centri di prevenzione del suicidio, in cui nessuno dubiterebbe della volontà di morire del paziente. Ciò di cui si dubita è della sua libertà interiore e della sua consapevolezza.

Il Centrodestra chiede una reale applicazione della legge 38 e non della 219! Esige che le cure palliative siano davvero offerte a tutti su tutto il territorio nazionale, in forma domiciliare o in Hospice. Pretende risorse per la ricerca di farmaci contro il dolore; vuole che si attivi una prevenzione del suicidio offrendo ai pazienti a rischio tutte le risorse necessarie, dal piano farmacologico a quello psicoterapeutico. E’ consapevole che la sindrome post traumatica da stress esige di essere trattata adeguatamente, quando un paziente va incontro ad un incidente grave, come è accaduto per Dj Fabo o più recentemente per Mario. Vuole investimenti reali per quelle patologie che ad oggi appaiono irreversibili, pensando a tante malattie neuro-degenerative. Non vogliamo medici che nelle strutture del SSN, pubblico, accreditato o privato che sia, si dedichino a far morire malati che potrebbero curare!

Il Centrodestra pretende una riflessione chiara e coraggiosa sull’intero SSN, perché i più fragili non si sentano mai soli, né temano di essere abbandonati, ma siano invece consapevoli che il dolore può essere sempre curato, perfino con la sedazione profonda se fosse indispensabile, come la stessa legge 38 prevede. La nostra è un’altra cultura, che fa riferimento non tanto alla presunta distinzione tra laici e cattolici, ce ne sono tantissimi in entrambi gli schieramenti. Ma fa riferimento ad una diversa visione della Medicina, ad una diversa cultura medica, con radici umanistiche assai più profonde, basata su di un paradigma della cura, sempre possibile, anche quando, il paziente sa bene che non guarirà, ma può continuare a vivere se una solidarietà competente, fatta di affetti reali e di cure efficaci lo accompagnerà.