Anni fa il professor Alberto Gambino lavorava con il Governo Prodi per formulare il testo finale dei “DiCo”, primo tentativo di riconoscere le unioni civili: oggi il giurista ordinario di Diritto Privato e avvocato della Cassazione, non vede di buon occhio l’evoluzione in termini politici dei diritti LGBT, ovvero il Ddl Zan. Nell’intervista a “Libero Quotidiano” Gambino sottolinea come con il disegno di legge in arrivo al Senato il prossimo 13 luglio «Si introduce una norma che fa diventare legge una definizione culturale, “identità di genere”. Così facendo, chi esprime una legittima opinione rischierà il carcere».



Preti, docenti, studenti e chiunque potrà finire sotto il “giogo” della legge, secondo il professore: «C’è un dibattito infinito su questo concetto, se sia una definizione scientifica o ideologica. Non si può imporre per legge. Oggi, se non affido un corso di filosofia teoretica a chi aderisce a questa teoria, posso farlo. Dopo questa legge, sarebbe un atto discriminatorio. Non stiamo parlando di colore della pelle, di opzione religiosa». Viene fatto un esempio “limite” da Gambino, potrebbe anche sembrare “assurdo” ma con l’approvazione del Ddl Zan nel testo attuale non sarebbe da escludere: se un docente non aderisce alla teoria dell’identità di genere e un suo alunno dovesse dare una spinta ad un altro compagno omosessuale, «è facile che si possa dire che è derivato dall’insegnamento di quel docente».



TUTTI I RISCHI DEL DDL ZAN

Ma il problema del Ddl Zan non riguarda solo il “risalire a ritroso” nelle manifestazioni di opinione e il possibile carcere per chi le ha espresse, per il professor Gambino rischi ve ne sono anche sul fronte disforia di genere: «Nel momento in cui si ritiene fondato che la percezione di me stesso, a livello sessuale, sia la bussola che deve orientare le mie scelte sessuali, inevitabilmente si possono verificare situazioni di minori che, in una normale fase di incertezza, sono spinti a cambiare sesso più facilmente». Per il giurista il Ddl Zan è una legge sostanzialmente «maschilista» introducendo infatti la possibilità che persone con fattezze maschili potranno entrare nel mondo dello sport e in generale dovunque vigono legislazioni sulle quote rosa. Ma è da genitore che Gambino espone la sua più profonda preoccupazione in merito al disegno di legge e in particolare all’articolo 7 che impone a tutte le scuole di istituire una giornata contro l’omo-transfobia: «si dirà a tutti i ragazzi che l’identità di genere è legittima», ebbene questa per Gambino è una norma che rischia di ribaltare «il principio costituzionale secondo cui l’educazione spetta ai genitori, non alla scuola».

Certo, il Ddl Zan sancisce che siano i giudici a dare singole interpretazioni sugli eventuali casi giunti a processo, ma anche su questo il giurista teme e non poco che qualche Pm «possa mettere sulla graticola per 6 mesi o 1 anno qualcuno per una semplice opinione». Gambino ha il merito di spiegarsi in maniera molto più chiara di tanti altri politici che pure si contrappongono da tempo al Ddl Zan e al concetto di identità di genere: spiega ancora a Elisa Calessi su “Libero” come il problema in fin dei conti sia il concetto di libertà. «Se l’identità di genere diventa un diritto, viene meno la libertà di chi non la pensa così. È come se in una legge si scrivesse che la vita è sacra. Se non lo dici, vai in carcere»: ancora più esplicito il professore aggiunge «Chiunque può essere come vuole, ma non deve impedire a me di ritenere che la percezione di sé come elemento che contraddistingue il sesso biologico è destituita di fondamento. Posso dirlo? Con questa legge, non posso». Per tutti questi motivi, la necessità che quel testo venga modificato viene ad essere non solo urgente ma necessario secondo il giurista che con Prodi scrisse la legge sui “Dico”.