Può accadere che i maggiori fautori del ddl Zan siano gli stessi che finiscono per affossarlo? È la sorte che potrebbe presto toccare al Partito democratico. Letta ha continuato, nelle ultime ore, a dire no alla proposta di mediazione proveniente da Italia viva: alcuni emendamenti voluti da Renzi che hanno trovato disponibili Salvini e il centrodestra, a patto di modificare i passaggi sull’indottrinamento gender e la libertà di pensiero. Dal Pd fioccano accuse pesanti contro l’ex premier: “Italia viva ha votato il testo Zan alla Camera dopo averlo mediato con noi per oltre un anno” ha detto Monica Cirinnà. Ma i democratici dimenticano che in mezzo c’è stata la presa di posizione della Segreteria di Stato vaticana e che i numeri per approvare al Senato il ddl Zan non ci sono. Se il testo venisse impallinato nel voto segreto, non se ne riparlerebbe più per tutta la legislatura.
Renzi ha capito le difficoltà del Pd e ne ha approfittato. Letta vuole ancora che ad approvare la legge sia la stessa maggioranza che l’ha concepita (Pd, M5s, Leu, Iv) e votata alla Camera nel novembre scorso, ma non fa i conti con le mutate condizioni politiche: il governo di unità nazionale e l’intervento della Chiesa. Senza contare il forte dissenso di ampi settori del mondo Lgbtq.
Non solo: la posizione di Enrico Letta si indebolisce ulteriormente, perché il segretario dem apprende da Repubblica che Renzi è pronto a trovare un accordo con il centrodestra per l’elezione del presidente della Repubblica, mentre sul Corriere Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna, giudica sbagliata la scelta di difendere i diritti civili rinunciando ai diritti sociali.
Per Fabrizio d’Esposito, notista politico del Fatto Quotidiano, Letta salverà la poltrona solo se il Pd si aggiudica il Campidoglio. Ma ci sono altri due fronti per lui: Conte e la Meloni.
Renzi ha rotto il fronte del centrosinistra. Qual è il suo obiettivo politico?
La sua mossa si può leggere i tanti modi, non ultimo quello di strizzare l’occhio alla segreteria di Stato vaticana dopo la Nota verbale. In ogni caso, la sua strumentalità e il suo tatticismo sono evidenti.
A che pro?
Dividere il Pd. Stavolta lo ha fatto sulla pelle dei diritti civili e Lgbtq. Mettendo Scalfarotto, con lui in Italia viva, da una parte e i piddini Zan e Cirinnà dall’altra.
A domanda di Repubblica se farà un accordo con la destra anche sul Colle, ha risposto “sì, certo”. Che senso ha questa uscita?
Stoppare tutti gli altri candidati del Pd che aspirano al Colle. In questo modo mette le basi per mandare Draghi al Quirinale dopo un eventuale mandato breve di Mattarella.
L’attuale capo dello Stato non è disponibile.
Mattarella ha detto di non essere disponibile, non ha detto di no. Vuol dire che farà gli interessi del paese.
La tua previsione?
Se sono tutti pazzi per Mario Draghi, come sembrano esserlo Salvini e Renzi, l’accordo ci sarà.
Il Pd continua a dire che le proposte di mediazione sono irricevibili. Prendere o lasciare. Letta non rischia di affossare il ddl Zan?
Se è per questo, siamo alla “insostenibile leggerezza di Enrico Letta”. Il segretario del Pd sembra intenzionato a mettere solo bandierine identitarie. Lo ha fatto sui migranti e adesso lo fa sul ddl Zan.
D’accordo, ma perché questa linea?
Visto che Salvini sta facendo la parte del clericale di destra che si fa difensore dei principi della dottrina sociale della Chiesa, oggi il Pd, che in altri tempi avrebbe cercato un compromesso, fa lo stesso dall’altra parte. Non dimentichiamo che il Pd viene dall’incontro di due comunità, una post-comunista e l’altra post-democristiana. Quest’ultima in una versione particolare, quella dei “cattolici adulti”.
Alla Prodi, insomma. Per cui?
Per capirci, sono l’opposto di Cl. Mentre per Cl la fede è pubblica, per i cattolici adulti è il contrario. Per questo Letta difende senza problemi i nuovi diritti. E poi nel suo partito ci sono Zan e Cirinnà.
È fuor di dubbio che la Nota verbale del Vaticano ha aiutato i partiti che chiedevano di modificare il ddl Zan.
La Nota è stata molto enfatizzata e secondo commentatori informati e autorevoli, come Riccardi, doveva rimanere segreta. Era parte di un dialogo tra Stati più che tra partiti. Voglio dire che la Chiesa ha fatto i suoi interessi, non ha inteso favorire qualcuno.
Mentre parliamo, sai di qualche sviluppo in sede di trattativa?
No. Al momento, se le carte non cambiano, si va allo scontro.
Sul Corriere, Bonaccini ha criticato Letta. Diritti civili e sociali vanno tenuti insieme.
Mette in evidenza l’errore fondamentale della sinistra in tutti questi anni. Ben venga la lotta per i diritti civili, ma ci sono anche i diritti sociali. Se insisti solo sui primi, fai un partito radicale. Non si sono sentiti squilli di tromba nel Pd quando il ministro Orlando è stato attaccato da Confindustria sui licenziamenti.
Dunque Bonaccini ha ragione.
Se la sinistra non vuole ingrassare altre forze anti-sistema o anti-casta, deve pensare a come prosciugare le ragioni del dissenso sociale.
Letta rischia la segreteria?
Fino alle comunali no; se strappa una vittoria a Roma, non ha niente da temere. Però questo non elimina i problemi di incisività del Pd, che vengono dall’aver accantonato la matrice laburista. Lo spazio ci sarebbe, soprattutto quando un falco come Bonomi plaude all’operato del governo.
Il Pd subirà l’ennesima metamorfosi di M5s o ne resterà immune?
Se dovesse essere confermata la prospettiva unitaria, i 5 Stelle guidati da Conte potrebbero senz’altro rosicchiare qualche punto al Pd. Sono convinto che sarebbe lo stesso anche nel caso in cui Conte facesse un suo partito.
Letta continua a puntare il dito sulle contraddizioni di Salvini. Non si può sostenere Draghi e stare con Orbán, dice.
È un teatrino inutile, perché politicamente è il contrario: se sei scontento di una forza che sta con te nel governo, sei tu che minacci di andartene se quella non cambia. Prima mandi l’avvertimento e poi esci dal governo.
La Meloni raccoglierà le firme dei referendum, tranne quelle per due quesiti: abolizione della legge Severino e carcerazione preventiva. In questo modo la leader di FdI si trova allineata a M5s. Una convergenza che ha futuro?
Potremmo assistere a una contromossa di 5 Stelle e Meloni in risposta all’iniziativa dei due Matteo. Si fa sempre il pane con gli ingredienti che si hanno.
(Federico Ferraù)
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