Il 26 aprile 2007 il Parlamento europeo ha sancito l’istituzione della Giornata internazionale contro le discriminazioni in cui si chiedeva tra l’altro la depenalizzazione mondiale dell’omosessualità, invito ancora non accolto in molti Paesi. È stata scelta la Giornata del 17 maggio e tra le principali motivazioni la richiesta di garantire che la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale sia vietata in tutti i settori.
E in occasione del 17 maggio 2021, con il dibattito attualmente in corso sul disegno di legge Zan, si sono moltiplicate le dichiarazioni contro le discriminazioni Lgbtq+ e contestualmente a favore del ddl Zan, come se le due cose rappresentassero le due facce di una stessa medaglia. Ma non è esattamente così. E se l’opinione pubblica, anche a livello parlamentare, è decisamente contraria ad ogni forma di violenza e di discriminazione, non è altrettanto evidente il consenso al ddl Zan. Questo appare infatti confuso in molti punti e soprattutto discriminante nei confronti di quanti non si allineano al pensiero Lgbtq+, dal momento che è facile scambiare per omofobico chi ha opinioni diverse in merito a temi fondamentali come la vita, la famiglia, ecc.
La nostra Costituzione, all’articolo 3, afferma in modo chiarissimo: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. La nostra Costituzione rende sostanzialmente inutile un ddl come lo Zan, mentre esige un’applicazione dei principi espressi con tanta fermezza in tutti gli ambiti e i campi della vita sociale.
Lo stesso presidente Mattarella in occasione della giornata contro le discriminazioni ha ribadito con enfasi la necessità di rifiutare ogni forma di discriminazione, perché la ferita inferta alla singola persona offende la libertà di tutti. Quello di Mattarella è stato un no assoluto a qualsiasi atteggiamento che possa intaccare il principio di uguaglianza ribadito dalla Costituzione. Da qui la necessità di puntare su “solidarietà, rispetto, inclusione, come ha dimostrato anche l’opera di contrasto alla pandemia”, perché “sono vettori potenti di coesione sociale e di sicurezza”.
Ma allora, se è giusto prendere sul serio le parole di Mattarella sulle discriminazioni, è necessario interrogarsi anche su tutte le altre forme di discriminazione sulle quali invece c’è una certa indifferenza che non rende giustizia ai diritti delle persone ferite da discriminazioni, che possono far soffrire tante persone. Ci sono tante forme di discriminazione, anche su aspetti molto rilevanti che non sembrano interessare affatto chi pure fa della lotta alle discriminazioni la sua bandiera. Penso sostanzialmente alle discriminazioni che subiscono i malati rari e ad alcuni di loro in particolare. Eppure la legge, sia quella a prima firma Zan, che quella a prima firma Ronzulli, che io stessa ho sottoscritto, parlano della possibile disabilità della persona offesa. Ma nessuno in questi giorni di acceso dibattito si è riferito alla violenza che provoca l’indifferenza nei confronti dei loro diritti: diritti alla diagnosi precoce e diritto alla migliore terapia disponibile.
L’atrofia muscolare spinale, nota anche come Sma, è un rara malattia genetica neurodegenerativa, caratterizzata dalla progressiva perdita dei motoneuroni spinali e del tronco encefalico, che si manifesta con atrofia e conseguente indebolimento dei muscoli scheletrici e difficoltà motorie. È una condizione che può causare la morte del paziente in giovane o giovanissima età: le forme più gravi della malattia, infatti, pregiudicano l’efficienza dei muscoli respiratori e sono responsabili di episodi di insufficienza respiratoria o polmonite dall’esito mortale. È una malattia per cui oggi disponiamo non solo di un test genetico, ma anche di terapie specifiche, costosissime, ma di sicura efficacia, se somministrate il più tempestivamente possibile.
Eppure questi pazienti oggi sono sottoposti ad una doppia discriminazione: non tutti i neonati sono sottoposti ad uno screening che includa la Sma; l’accesso alle terapie è ancora legato alle cure compassionevoli e non ad un protocollo semplice e chiaro che definisce, a partire da un diritto, una prestazione dovuta dal Ssn. Ma non sembra che dal ministero o dal governo o dalla stampa si stia prestando altrettanta attenzione. Eppure sempre di diritti stiamo parlando, di una dimensione straordinaria che si pone a tutela della vita e di una vita indipendente. Ignorare questi diritti, sottovalutarli, stritolarli nel circuito della burocrazia, che vive di rimandi, senza prendere atto dell’urgenza che esigono, significa fare violenza a questi bambini e alle loro famiglie. Una sorta di violenza di Stato. Eppure contro questa violenza non si alzano voci altrettanto forti, chiare e determinate. Nonostante Mattarella, tutelando i diritti delle persone Lgbtq+ affermi che senza questa legge “vengono minacciati i valori morali su cui si fonda la stessa convivenza democratica”. Il tema dei diritti è assai più complesso e nessuno intende giustificare nessuna forma di violenza che si eserciti ai danni degli altri. Qualunque tipo di violenza: chiunque la eserciti, contro chiunque la si eserciti e comunque la si eserciti.
Eppure in questi giorni la discriminazione dei diritti ha assunto una dimensione a senso unico e si sono volutamente ignorate tutte le altre forme di violenza, creando un recinto protetto all’interno del quale alcuni sono più protetti di altri. È un recinto che ad alcuni ha fatto parlare di ghetto, ma che a molti altri è sembrato voler dividere gli uni dagli altri, per proteggerli con una legge che non consente nessuna variazione di pensiero, rispetto al modello Zan di riferimento. Si è così creato un muro difficile da superare, una barriera insormontabile, perché tutto ciò che non appartiene al pensiero dominante all’interno del recinto può apparire discriminante.
Che la legge vada cambiata e che non si tratti di una semplice operazione di maquillage parlamentare, una specie di marketing voluto per far approvare la legge, è ormai evidente a tutti. Le stesse parole contenute nel messaggio di Mattarella, laddove viene sottolineato il valore delle diversità, possono essere interpretate anche come una apertura al cambiamento della legge, cosa che molti nel Pd non vorrebbero: “La società infatti viene arricchita dal contributo delle diversità. Disprezzo, esclusione nei confronti di ciò che si ritiene diverso da sé, rappresentano una forma di violenza che genera regressione e può spingere verso fanatismi inaccettabili”.
Anche la ministra della Famiglia, Elena Bonetti, è intervenuta nella giornata internazionale contro le discriminazioni affermando che “È fondamentale lavorare affinché il principio della parità di trattamento faccia davvero parte del patrimonio culturale del Paese, contrastando l’odio e le violenze che negano di fatto la dignità della persona e creando le condizioni di eguaglianza che consentano a ciascuno di esprimersi liberamente e di realizzarsi. Il pregiudizio, l’odio e la violenza omofobici contro le persone Lgbt sono fra gli ostacoli che di fatto impediscono di costruire una società inclusiva e rispettosa dei diritti di tutti”. Ma anche in questo caso la lettura che la ministra fa della legge in questione tende ad enfatizzare solo ed esclusivamente i diritti delle persone Lgbtq+, ignorando i diritti di una miriade di persone che si sente e che di fatto è discriminata. La ministra sottolinea il successo dell’Avviso pubblico del Dop-Unar per la costituzione e il sostegno di Centri e Case antidiscriminazione per persone Lgbt, con la ricezione di ben 94 progetti nei tempi e nelle modalità previste. Peccato però che della legge sul Dopo di Noi non se ne parli più da anni e che dei diritti delle persone con disabilità non ci sia traccia nella maggioranza dei documenti di Governo. Anche per loro erano previsti Centri e Case antidiscriminazione, per una vita indipendente! Anche loro hanno diritti; anche loro subiscono violenza; più spesso violenza psicologica, ma non di rado anche vera e propria violenza fisica. Anche loro sono ignorati e sono oggetto di discriminazione e di intolleranza.
Se una legge ci deve essere, anche se non se ne sente la necessità, allora che sia almeno una buona legge, come ha ribadito proprio in questi giorni il cardinale Bassetti, il che implica un cambiamento sostanziale nell’impostazione. Non è possibile essere d’accordo con il leader del Pd, che ha recentemente twitatto: “Celebriamo la Giornata internazionale con un impegno concreto: approvare subito il ddl Zan. Il Senato deve fare in queste settimane un gesto concreto per i diritti approvando la proposta del Pd”. Il Senato deve fare un gesto concreto per i diritti di tutti, evitando di moltiplicare le discriminazioni. Tanto meno è possibile essere d’accordo con il ministro degli Esteri, leader dei 5 Stelle, quando afferma: “Oltre a celebrare una giornata, servono gesti concreti. In Parlamento bisogna accelerare con la legge contro l’omotransfobia. Serve uno scatto di civiltà, basta tentennamenti sul ddl Zan”. Il vero e proprio scatto di civiltà sarà quello di modificare in profondità il ddl Zan, chiarendone le tante ambiguità e rendendo il più semplice possibile il messaggio, che resta nel suo rigore normativo quello di chi dice no, in ogni situazione e circostanza, alla violenza.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI