Arriva alle 16.30 di oggi in Aula al Senato il tanto atteso e tanto deprecato ddl Zan, che ha rappresentato per lunghi mesi il punto di convergenza di infiniti dibattiti tra sostenitori e critici, senza riuscire a trovare il punto di equilibrio. La sua sorte di domani è segnata: se si tentasse di farlo passare così com’è, l’operazione non riuscirebbe; se venisse rispedito in Commissione – non solo in Commissione giustizia, ma anche in Commissione istruzione e sanità – subirebbe un’analisi approfondita e verrebbe modificato. Il suo fallimento è in grandissima parte da imputare ad Enrico Letta, che fin dal suo rientro nello scenario politico italiano ha scelto la strategia del muro contro muro, ignorando ogni possibilità di mediazione e deludendo ogni volta di più chi da lui si aspettava ben altro.
Del cattolico adulto, come veniva comunemente identificato, oggi non ha più nessuna delle prerogative: totalmente chiuso ed ostile anche alle pacate riflessioni della famosa Nota verbale del Vaticano, sembra più un bambino capriccioso che un adulto riflessivo e politicamente maturo. Il ddl Zan sarà per lungo tempo il marchio politico dell’incapacità di fare trattative e cercare nuovi punti di equilibrio, perché se è vero che Zan, nel ruolo che si è ritagliato, doveva mantenere il punto e difendere la sua legge a spada tratta, al suo attuale leader politico toccava cercare e trovare la strada dell’approvazione. Ma per stare dalla parte di Zan senza se e senza ma, Letta ha finito con il creare nel suo partito un senso di nausea profonda in chi non approva né i contenuti né le strategie scelte.
Intanto con il silenzio imposto a tutti coloro che dalla legge dissentivano, salvo ritorsioni di evidente natura elettorale, ha mostrato nei fatti quanto sia illiberale la legge, che appare come un bavaglio per chiunque non sia d’accordo. La disciplina di partito, vivissima ai tempi del Pci, si è riproposta come stile di lavoro in parlamentari un po’ più smaliziati che hanno avuto il coraggio di dire “non sono d’accordo ma la voto”.
In Senato si tocca con mano il duplice dissenso nel Pd: quello di coloro che non condividono l’impianto del ddl e avrebbero voluto votarlo dopo averlo modificato, e quello di coloro che non condividono il tono autoritario e dittatoriale con cui è imposto. Letta sembra giocarsi la sua leadership se il ddl non passerà così com’è, mentre invece ha già perso la sua battaglia personale, a meno che non sia capace di un gigantesco atto d’umiltà, o di opportunità politica, autorizzando il ritorno in commissione.
Viceversa il suo rivale storico Matteo Renzi ha già vinto. Ha accettato il diktat di portare il ddl in aula, ma ha dettato le sue condizioni: accogliere i suoi emendamenti per ottenerne il voto. Se il ddl passerà con i suoi emendamenti il vero vincitore è lui; se non passerà perché non passano i suoi emendamenti, la colpa sarà nuovamente di Letta. Ma lui, Renzi, si conferma ago della bilancia della legislatura e se lo è oggi sul ddl Zan, c’è da scommettere che cercherà di esserlo anche domani quando si eleggerà il Presidente della Repubblica: vera grande partita in gioco.
I due gradi rivali giocano sullo scacchiere del ddl Zan una partita ben più consistente e di una portata politica che sfugge alla maggioranza della gente. Con Renzi schierato dalla parte di uno Zan modificato, come chiede fin dall’inizio il centrodestra, è evidente quale possa essere il fronte di future alleanze. Da una parte chi ha sbattuto la porta in faccia, dall’altra chi questa porta l’ha tenuta sufficientemente aperta per lo meno per guardarsi in faccia e valutare insieme le scelte da fare.
Sorprende molto l’azione-reazione del cattolico adulto Letta, davanti agli infiniti tentativi fatti anche dal Vaticano con la famosa Nota: respingendola sdegnosamente, Letta non ha offeso solo gli illustri interlocutori d’Oltretevere, ma anche tutto quel mondo cattolico popolare che credeva di poter riconoscere in lui la dimensione moderata di un Pd erede di una complessa storia in cui confluiscono tradizioni e radici diverse. E il suo atteggiamento mostra più l’ostinazione del bambino capriccioso che non quella dell’adulto capace di rettificare e rivalutare una scelta, per soppesarne più e meglio pro e contro.
In ogni caso il ddl Zan è diventato la cartina di tornasole di una politica arrogante che in fatto di diritti umani non esita a cancellare quelli storicamente radicati come la libertà di espressione e di decisione, per sostituirli con diritti civili di nuovo conio che riflettono un egocentrismo individualista e avulso da qualsivoglia norma oggettiva, che abbia il suo fondamento nella legge naturale e nel senso comune.
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