Il Vaticano ha ragione, il Concordato è a rischio e il Ddl Zan potrebbe avere elementi di incostituzionalità: ad intervenire per una volta a “favore” della Chiesa Cattolica è il professore e matematico Piergiorgio Odifreddi, l’ateo che si confrontò a distanza con Papa Ratzinger sui grandi temi della fede, la scienza, la teologia e la “razionalità”. Ebbene, con un lungo editoriale su “La Stampa” Odifreddi torna ad occuparsi di “Chiesa” con un punto di vista molto personale che esce dal binario “pro Vaticano” o “pro Ddl Zan”: «il Vaticano ha semplicemente sollevato un dubbio di incostituzionalità, com’ è nel suo pieno diritto, confermato implicitamente da Draghi. L’articolo 7 della Costituzione stabilisce infatti che i rapporti fra Stato e Chiesa siano regolati dal Concordato ereditato dal fascismo».



Punto numero 1 dunque, quanto detto da Draghi non fa che “confermare” le preoccupazioni del Vaticano, ovvero che il testo del Ddl Zan abbia comunque dei punti che violerebbero il Concordato del 1984: «Non bisogna dunque prendersela con il Vaticano che rivendica l’attuazione di quei patti, ma con coloro che dapprima li hanno voluti, da Mussolini a Togliatti, e in seguito li hanno mantenuti. Cioè, con tutti i nostri leader politici, nessuno dei quali ha mai chiesto una revisione costituzionale o una denuncia unilaterale di quell’anacronismo». Secondo Odifreddi non vale neanche la lettura di un Papa “progressista” e una Curia romana “conservatrice” in scontro: «il suo “progressismo” è una leggenda mediatica, e che quand’era in Argentina intervenne ben più pesantemente di ora contro i matrimoni civili, con toni definiti allora “medievali e inquisitori”».



ODIFREDDI: “IL RISCHIO DEL DDL ZAN”

Ma al di là della sua personale acredine per la religione, in particolare quella cristiana, Odifreddi rileva un punto di ragione sostanziale al Vaticano nel contestare il disegno di legge a firma Pd: «il Vaticano si preoccupa che la legge Zan possa obbligare le scuole a insegnare l’identità di genere, e paradossalmente non ha tutti i torti: quest’ultima, infatti, viene definita nell’Articolo 1 della legge come “l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso”.». Secondo lo scienziato, il rischio con il Ddl Zan approvato sarebbe quella di una profonda cesura che si andrebbe a creare tra «la percezione psicologica di un individuo e la sua realtà fisiologica: la prima deve essere naturalmente tutelata e difesa, perché ciascuno ha diritto di avere le opinioni e i sentimenti che desidera, ma la seconda non può semplicemente essere negata o rimossa, perché anche i fatti hanno i loro diritti». Per Odifreddi la legge a firma Zan rischia di affossarsi da sola proprio per quella duplice accoppiata “difesa del diritto alle scelte sessuali e affettive” e “introduzione dell’identità di genere” obbligatorie. Il matematico rileva come anche da sinistra nei mesi scorsi sono state sollevate diverse perplessità sui passaggi più delicati del testo di legge: «sono più importanti i fatti, e in particolare la necessità di tutelare le scelte di vita individuali, e di difenderle dalle vessazioni e dalle violenze, o le interpretazioni, e cioè le ideologie sociologiche post-moderne?», si chiede Odifreddi chiudendo il suo articolo su “La Stampa”.

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