Oggi la Lega presenterà una sua proposta per cambiare il ddl Zan. “Proponiamo di portarlo all’interno di un quadro più appropriato, come potrebbe essere l’articolo 61 del codice penale, che prevede le aggravanti”, dice al Sussidiario il relatore del ddl al Senato, Andrea Ostellari (Lega), accusato pubblicamente di ostruzionismo dal rapper Fedez durante il “concertone” del primo maggio.
La Lega – spiega Ostellari – pensa “all’introduzione di un’aggravante speciale che aumenta la pena ragionando sul fatto e non sulla libertà di espressione prevista dalla legge Mancino”; terreno indeterminato, e strumentale. “Il testo è scritto male, innanzitutto le definizioni, su tutte l’identità di genere. Vuole rispecchiare la completa fluidità degli orientamenti soggettivi, ma in questo modo si toglie l’identità”. La cosa singolare è che su questo terreno la posizione della Lega incontra le critiche di merito all’attuale versione del ddl espresse dalle voci più rigorose del femminismo e del mondo Lgbtq.
Ma c’è un problema ulteriore, e cioè che l’identità di genere, in questa fase politica, interessi a pochi. “C’è qualcuno che vuole usare anche il ddl Zan per rompere gli equilibri di governo”, spiega Ostellari.
Senatore Ostellari, qual è la lezione del concertone del 1° maggio?
Qualcuno ha voluto creare una polemica politica e spostare il merito del problema in un contesto che non è il suo. Sembra che si voglia impedire un dibattito serio.
Resta il fatto che Fedez ha richiamato espressioni discriminanti e offensive verso i gay da parte di svariati esponenti locali della Lega. Le condivide?
No, le condanno. Non vanno usate perché sono sbagliate. D’altra parte non conosco neppure le persone che le avrebbero dette. Però faccio presente che anch’io sono finito in un vortice di accuse. E solo perché ho mosso delle critiche a quel testo.
Fedez l’ha accusata di fare ostruzionismo.
Fedez non conosce i fatti o glieli hanno riferiti male. Il testo è arrivato in commissione ai primi di novembre 2020. Il Pd ne ha chiesto la calendarizzazione solo nel 2021. Perché non lo abbia fatto prima, andrebbe chiesto al Pd.
Facciamo luce sulla faccenda, per favore?
Non abbiamo solo quel testo, ce ne sono anche altri che trattano la medesima materia. E tutti lo sapevano, perché io ho comunicato per iscritto ai capigruppo che quei testi dovevano essere assegnati nella medesima sede. Solo così potevano essere incardinati. Non solo. Pd e M5s avevano appoggiato questa mia decisione all’unanimità.
E lei?
Mi sono semplicemente interrogato sull’opportunità di evitare una spaccatura nella maggioranza nata per sostenere il governo Draghi.
E quindi cos’ha fatto?
Ho chiesto una riflessione ai capigruppo che ha avuto un esito negativo. Ne ho preso atto: ho messo il ddl in calendario registrando la divisione nella maggioranza.
Quali sono le critiche della Lega al ddl Zan?
Il testo è scritto male, innanzitutto le definizioni. Su tutte, l’identità di genere. Vuole rispecchiare la completa fluidità degli orientamenti soggettivi, ma in questo modo si toglie l’identità. Le differenze vanno riconosciute e nessuno deve essere discriminato, ma noi non possiamo e non vogliamo cancellare il fatto che a questo mondo ci sono donne e uomini. Lo ha detto anche Francesca Izzo (fondatrice del movimento femminista “Se non ora quando”, ndr): “il sesso non si cancella: no all’identità di genere”.
Le riporto quanto ha detto Marina Terragni, scrittrice vicina al Mit (Movimento italiano transessuali): “L’identità di genere è un oggetto non definito e non puoi mettere in una legge penale un oggetto non definito”. Lei è avvocato. Come commenta?
Sono assolutamente d’accordo. È evidente che già di fronte a questo primo articolo ci sono critiche che provengono da più parti tra loro agli antipodi. Poi viene la libertà di espressione e di opinione. L’articolo 4 non ha ragione d’essere se non per il fatto che il legislatore è perfettamente consapevole dell’estrema pericolosità della proposta. Non c’è già la Costituzione a sancire che la libertà di pensiero dev’essere garantita?
Allora da chi dipende (art. 4) determinare la legittimità delle condotte “riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte”, in quanto “non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”?
Anche questo è un confine che diventa fluido. Vuol dire che decide il giudice. Quando non c’è chiarezza della norma e decide il giudice, si crea un vulnus non più recuperabile perché non si sa più qual è il precetto.
“Con il ddl Zan criticare l’utero in affitto viene considerato omofobia”. Lo ha detto Cristina Gramolini, presidente di Arcilesbica.
Da posizioni assai distanti dalle mie, centra il punto. Chiunque ritenga che il bambino abbia diritto ad avere un padre e una madre, potrebbe essere chiamato a rispondere di questo suo convincimento. Non è detto che il giudice lo condanni, ma potrebbe esserne chiamato a risponderne. Tutto questo equivale all’instaurazione di un clima ideologico di terrore che non mi sembra proprio dello stato di diritto.
Cos’è uno stato di diritto?
È quello in cui un Fedez è libero di esprimersi e di dire ciò che vuole. Lo prevede la Costituzione. Non è più uno stato di diritto quello in cui mi si dice cosa devo pensare e come devo educare.
Si riferisce all’articolo 7, all’istituzione della Giornata nazionale contro omofobia e transfobia? Le scuole provvedono a “promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione” ispirata all’identità di genere.
A chi sono destinate le ore dedicate a questo tema? A tutti? Non si dice. Che cosa si insegna? Non si dice. Vi provvedono tutte le scuole, dunque i destinatari sarebbero anche gli studenti sotto i 14 anni. È opportuno farlo? Infine mi chiedo: perché, se mi pongo di fronte a questo tema in maniera critica ma costruttiva dicendo che c’è bisogno di un intervento migliorativo del testo, vengo tacciato di omofobia?
Salvini ha annunciato che la Lega presenterà una proposta. Cosa può dirci?
Ci proponiamo di superare il modo in cui il tema è articolato nel ddl Zan portandolo all’interno di un quadro più appropriato, come potrebbe essere l’articolo 61 del codice penale, che prevede le aggravanti.
Così facendo?
Oggi chi commette un atto di diffamazione, lesione, violenza verso un omosessuale, un disabile, un minore è punito dalla legge e gli si applica l’aggravante c.p. 61 n.1. Noi proponiamo di creare un’aggravante speciale che aumenta la pena ragionando sul fatto e non sulla libertà di espressione prevista dalla legge Mancino.
Chi c’è con voi?
Tutto il centrodestra è concorde sulla necessità di spostare l’ambito di applicazione della norma. Poi, come abbiamo visto, c’è un ulteriore mondo appartenente al centrosinistra che ritiene che il ddl Zan debba essere modificato.
E siete ottimisti?
Stando alle dichiarazioni, sì. Qui però il nodo diventa politico.
In che senso?
Qualcuno potrebbe avere intenzione di usare il ddl Zan come campo di battaglia. Ad esempio, portando direttamente il testo in aula, bypassando la Commissione. È quello che ha proposto Monica Cirinnà.
Cosa risponde?
Non si può fare. Non lo dico io, ma l’articolo 72 della Costituzione.
È vero che Pd e M5s intendono logorare Lega e FI perché sono dentro il governo Draghi?
Mi pare che non ci siano dubbi. Invece di usare la tv per accusare altri di omofobia senza sapere di che cosa si sta parlando, e di usare i social come strumento di pressione verso altre persone, come il sottoscritto, con minacce e offese, sarebbe meglio pensare tutti seriamente a come costruire un futuro dopo l’emergenza.
E invece?
Invece, c’è qualcuno che vuole usare anche il ddl Zan per rompere gli equilibri.
Lei ha sospetti sulla condotta della Rai?
Non mi occupo di tv. Se qualcuno è preoccupato del fatto che Fedez abbia potuto parlare pubblicamente, io non lo sono. Preoccupiamoci che anche domani chiunque possa esprimere le proprie idee. Il ddl Zan non va in questa direzione.
Ha parlato di social come “strumento di pressione”. Non è la stessa cosa che fa Salvini?
C’è modo e modo di usare i social. Salvini fa politica, propone idee, chi è d’accordo sottoscrive, chi non lo è perfino insulta in libertà. È diverso dall’estrapolare un tema così delicato dal suo contesto e gettarlo in un concerto dedicato al lavoro.
(Federico Ferraù)
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