“Ho apprezzato la replica del presidente del Consiglio, Mario Draghi. Certamente l’Italia è uno Stato laico, ma laicità, come ha specificato, è tutela del pluralismo e delle diversità culturali. Comprese le sensibilità religiose. Il Parlamento lavori e lavorino le commissioni, che, come ha chiarito il premier, hanno il compito di eseguire preventivi controlli di costituzionalità sui disegni di legge”.
Andrea Ostellari, Lega, presidente della commissione Giustizia del Senato, ha commentato così la risposta che il presidente del Consiglio ha fornito al Senato, come aveva promesso che avrebbe fatto qualora fosse stato chiamato in causa dalla domanda di qualche senatore dopo la Nota verbale del Vaticano in cui si chiede di “rimodulare” il testo. “Qualcuno voleva forse tirarlo per la giacca – aggiunge Ostellari – e il presidente Draghi ha fatto bene a ribadire delle prerogative ben chiare a tanti, non a tutti”.
Quali prerogative?
Innanzitutto il rispetto delle opinioni altrui, e quindi di tutti. A mio avviso, questo riferimento alla tutela delle opinioni di tutti è stato il passaggio più significativo.
Draghi ha parlato di Stato laico, ma non confessionale, il Parlamento è sovrano e libero di discutere e legiferare, laicità non è indifferenza ma tutela del pluralismo e della diversità. Il presidente del Consiglio ha fissato i paletti senza entrare nel merito, che spettano invece a Commissione e Parlamento?
Infatti ha parlato in particolare di Commissioni. Il che significa che serve il necessario approfondimento sul testo del ddl Zan, approfondimento che il centrodestra ha sempre chiesto e che la Lega ha voluto fare. Dove? Appunto in Commissione. Non può essere forzata la mano da una parte perché vuole portare il testo direttamente in Aula. Le garanzie dunque ci sono, le stiamo esercitando.
Respinge quindi le accuse di chi dice che lei abbia voluto impantanare il dibattito?
Io non ho rallentato né ostacolato nulla, non ho fatto altro che mettere in pratica i regolamenti e le regole, poste a garanzia di tutti.
La scorsa settimana il centrosinistra ha dichiarato che era pronto a portare in Aula il ddl entro luglio. Dopo le parole di Draghi?
Questa posizione perde di forza, perché – ripeto – Draghi ha sottolineato la necessità, proprio perché l’Italia è uno Stato laico, di tutelare le opinioni di tutti, e per far questo bisogna sottoporsi, anche se non se ne ha voglia, al dibattito, al confronto, al dialogo parlamentare.
Salvini ha proposto un incontro a Letta per discutere un nuovo testo e Letta, anche se poi ha fatto parziale retromarcia, ha dichiarato: “disponibili al dialogo, pronti a guardare i nodi giuridici”. Quali punti dell’attuale ddl Zan dovrebbero cambiare?
Sono gli articoli oggetto di maggiori critiche, in particolare l’articolo 1 sull’identità di genere, l’articolo 4 sulla libertà di espressione che va tutelata e l’articolo 7 sull’educazione all’interno delle scuole. Sono punti che devono essere modificati se si vuole arrivare a un voto condiviso. Se invece si vuole imporre il testo così com’è, convinti che non possa essere oggetto di discussione o di alcuna modifica, e portarlo in aula, si sottrae a quella che è una regola della nostra democrazia.
Se i sostenitori del ddl Zan insistessero su questa strada?
Noi ci opporremo, rispettando le regole, ma ci opporremo. Poi, ognuno si assumerà le proprie responsabilità di fronte ad atti e forzature di questo tipo.
M5s, Pd e Leu difendono l’impianto e la road map del ddl Zan, perché sostengono che, in caso di modifiche al Senato, il testo dovrà tornare alla Camera e non ci sono i tempi tecnici per approvarlo, visto che il Parlamento sarà poi impegnato su altre questioni importanti, a partire dalla Legge di bilancio. È così?
Ma a quale termine pensano? Se intendono approvare il testo entro la fine di quest’anno, i tempi sono ovviamente troppo stretti. La legislatura finisce nel 2023, il tempo non manca. Se poi ritengono che questo governo non abbia molta strada davanti a sé, allora lo dicano apertamente.
Che cosa pensa di fare per aiutare a riprendere il filo del dialogo?
I presidenti dei gruppi presenti in Senato dovrebbero rispondere formalmente alla richiesta, da me già avanzata, di istituire un tavolo politico all’interno della commissione per verificare la disponibilità di tutti alle eventuali modifiche così da arrivare a un testo condiviso.
Ha già ricevuto qualche disponibilità?
Sì. Da parte della Lega e delle forze di centrodestra. In più ho letto della disponibilità di Italia viva e ho visto la dichiarazione di Letta a guardare i nodi giuridici. Bene, adesso si siedano al tavolo e se c’è bisogno di una mia richiesta formale, sono pronto a ribadirla.
Draghi ha chiuso il suo intervento sul ddl Zan al Senato dicendo che “è il momento del Parlamento, non del governo”. Ma dopo la Nota verbale del Vaticano il tema da parlamentare è diventato anche governativo. Questo può complicare la soluzione?
Non complica, anzi contribuisce a risolverla. La Nota verbale, che abbiamo acquisito in commissione, ci aiuterà a effettuare ulteriori valutazioni su aspetti del diritto costituzionale, legati ai rapporti del nostro paese con il Vaticano, e su altri elementi oggetto del dibattito, che coinvolgono soprattutto la questione delle definizioni, della libertà che va garantita anche alla Chiesa e ai cattolici e il nodo dell’educazione.
Draghi ha ricordato che l’Italia assieme ad altri 16 paesi ha espresso preoccupazione per la legge omofoba approvata in Ungheria. Dove sta la differenza?
Draghi ha voluto sottolineare che l’Italia si è impegnata per condannare gli episodi di omofobia. E su questo sono d’accordo. Quando si discrimina o si usa violenza anche solo verbale o fisica nessuno dice che non si debbano punire questi comportamenti.
Bastano le leggi in vigore?
Il nostro codice penale già prevede sanzioni. Ma se si vogliono punire con maggiore durezza questi episodi, noi ci siamo. Il problema però è un altro.
Qual è?
Un conto è punire il fatto violento, un conto punire le opinioni. Dobbiamo evitare di incidere sulla libertà di espressione. Sta qui la differenza tra il ddl Zan e il testo depositato dal centrodestra, che lavora sull’articolo 61 del codice penale, creando un’aggravante specifica, applicata ai reati commessi.
Draghi ha ricordato che l’Italia rispetta gli impegni internazionali e con il Vaticano, come ricorda l’articolo 7 della Costituzione, il nostro paese ha firmato un Concordato. Secondo lei, è un richiamo a coloro che si sono affrettati a bollare la Nota del Vaticano come indebita e inaccettabile ingerenza?
Penso proprio che il richiamo di Draghi vada in questa direzione: dobbiamo rispettare anche quei patti. Tanto più perché la Nota del Vaticano non mina certo la laicità del nostro Stato.
Ci può essere qualcuno interessato ad alimentare la polemica per arrivare a un incidente diplomatico con il Vaticano? E sul ddl Zan si può rischiare anche una crisi di governo?
Spero proprio di no. E dobbiamo essere tutti capaci di evitare che possa accadere questo. Serve l’impegno di tutti per avviare questo tentativo di confronto utile a trovare una sintesi. Se la politica non sarà capace di farlo, allora si creerà il problema. Che dovrà risolvere qualcun altro.
Che cosa si aspetta ora Draghi dal Parlamento?
Si aspetta che il Parlamento lavori, rispettando le regole, senza forzature, di cui non abbiamo proprio bisogno. Ed è quello che la Lega sta chiedendo da tempo.
(Marco Biscella)
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