Il 19 agosto 1954 moriva Alcide De Gasperi. Nel settantesimo anniversario, la Fondazione a lui intitolata, presieduta da Angelino Alfano, mette in campo un programma di iniziative con lo scopo di attualizzarne la figura, il pensiero e l’opera.

Anni fa, quando gli fu chiesto quale politico fosse l’erede di De Gasperi, Giulio Andreotti rispose: “Eredi di De Gasperi sono tutti gli italiani, che gli devono la libertà e la democrazia”.



Questa eredità ha moltissimo da dire alla società di oggi, in particolare ai giovani, che rappresentano il target principale dell’anno degasperiano. La mostra che si inaugura il 20 agosto al Meeting per l’amicizia tra i popoli di Rimini, dal titolo Servus Inutilis. Alcide De Gasperi e la politica come servizio, costituisce, anche simbolicamente, il lancio di questo programma, che per oltre un anno si concretizzerà in un roadshow di eventi nelle principali città italiane e in alcune capitali straniere (Bruxelles, Parigi, Berlino, Washington) e in molte altre iniziative. Il 25 ottobre si terrà presso l’aula della Camera dei deputati una solenne commemorazione alla presenza del Presidente della Repubblica.



De Gasperi amò profondamente il proprio Paese. Dentro un percorso umano sempre illuminato da una fede profonda e trasparente, interpretò laicamente la propria azione politica, improntata al pragmatismo e al dialogo. In essa seppe praticare quella pazienza che riteneva una dote fondamentale del politico, ma anche la determinazione, la costanza, il rispetto per l’avversario, senza mai arretrare rispetto ai suoi valori di riferimento.

Ma è tutta la sua traiettoria umana e personale ad affascinare chi accosta questa figura ancora così viva e vitale, tanto profetica che alcuni suoi discorsi potrebbero sembrare scritti oggi.



Un esempio su tutti: considerava il progetto di Comunità Europea della Difesa come il passo decisivo per il futuro dell’Europa e, pochi giorni prima della morte, disse che, se questo non fosse stato realizzato, l’integrazione politica europea sarebbe stata rinviata di decenni. Purtroppo, la CED fallì e, a 70 anni di distanza, stiamo misurando le drammatiche conseguenze di quella mancata scelta.

La mostra prende il titolo da un passaggio di una commovente lettera dalla prigione del gennaio 1928 all’amico Giovanni Ciccolini, dove, riferendosi alla sua forzata inattività, scrive: “Ben t’accorgi da queste mie domande come nell’uomo d’azione ultimo a spegnersi è l’orgoglio di fare, e quanto mi pesi l’umiliazione di confessarmi servus inutilis. È una colpa? Certo non un elemento di perfezione, ma Dio mio, ne ho bisogno, ho bisogno di crederlo perché oramai tutta la mia struttura psichica era così ordinata ed attrezzata più per la funzione di Marta che di Maria”.

La profonda consapevolezza del concetto evangelico di “servo inutile” gli ha permesso di vivere il proprio impegno politico come servizio, anteponendo sempre il bene di tutti ai propri interessi personali.

La mostra si sviluppa in cinque sezioni tematiche, a sottolineare diverse fasi della vita e dell’opera.

“Dalla pazienza alla speranza”: 23 anni di stenti e di silenzioso lavoro alla Biblioteca Apostolica Vaticana precedono gli 8 anni della sua esperienza di ricostruttore di un Paese devastato dalla guerra.

“Libertà politica e giustizia sociale”: le numerose e fondamentali riforme che hanno consentito la ricostruzione di un popolo e di un Paese.

“Costruire la pace”: la pace parte dall’atteggiamento profondo della persona nel rapporto con gli altri e arriva ad investire le istituzioni internazionali.

“La nostra Patria Europa”: De Gasperi si rendeva conto delle origini e del destino che accomunano i nostri popoli e sapeva che una sovranità condivisa sarebbe stata una sovranità molto più forte. Da uomo di confine, insieme ad altri due uomini di confine, Schumann e Adenauer, diede l’impulso decisivo alla costruzione del progetto europeo.

“Un uomo unito”: l’incontro con il De Gasperi più intimo, attraverso documenti e testimonianze della figlia Maria Romana, che è stata presidente onoraria della Fondazione fino alla sua scomparsa nel 2022.

A concludere il percorso, un cortometraggio realizzato da Emmanuel Exitu, che rappresenta il filo conduttore di tutti gli eventi dell’anno degasperiano.

Di De Gasperi, della sua testimonianza e della mostra si parlerà nell’evento di oggi, martedì 20 agosto, alle ore 18, moderato da Francesco Magni, al quale insieme a me interverranno Enzo Moavero Milanesi, ex ministro e grande esperto di tematiche europee, Paolo Valvo, curatore della mostra, Antonio Polito, autore di un eccellente libro su De Gasperi, dal titolo Il Costruttore, e Paolo Vilotta, postulatore della causa di beatificazione in corso.

De Gasperi fu proclamato Servo di Dio nel 1993, quando fu avviata, a Trento, la fase diocesana della causa, ora trasferita a Roma e in fase istruttoria. La presenza all’incontro del dott. Vilotta riveste, perciò, una importanza del tutto particolare.

A questo proposito, cito una frase che ritengo illuminante di Antonio Polito nell’introduzione al suo libro: “Non so se De Gasperi abbia mai compiuto uno di quei miracoli che vengono richiesti dalla Chiesa, a parte quello economico che cambiò l’Italia dopo la sua morte. Ma so che se oggi ci chiediamo dove sarebbe l’Italia se anche una sola delle sue tante scelte non fosse stata fatta, è difficile non pensare agli anni del degasperismo come a una benedizione divina”.

De Gasperi subì sempre il fascino della personalità di Gesù. Nel 1922 scrive alla moglie Francesca: “Non sono bigotto e forse nemmeno religioso come dovrei essere, ma la personalità del Cristo vivente mi trascina, mi soggioga, mi solleva come un fanciullo”. Il nome di Gesù fu l’ultima parola che uscì dalla sua bocca nel momento della morte.

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