Sulle colonne del quotidiano “Il Riformista” campeggia quest’oggi, venerdì 19 giugno 2020, una lunga intervista a Riccardo De Vito, presidente di Magistratura Democratica, il quale ha esordito commentando le parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ieri ha parlato di “grave distorsione sviluppatasi intorno ai criteri e alle decisioni di vari adempimenti nel governo autonomo della Magistratura”. De Vito ha asserito: “L’immagine della Magistratura che affiora dalle indagini perugine è desolante. Emergono fenomeni di clientelismo e collateralismo con la politica che, per numero e varietà dei soggetti coinvolti, assumono dimensioni inquietanti. È una constatazione amara, che impone risposte ineludibili”. A questo punto, secondo l’intervistato, le risposte sono obbligate e riassumibili nei seguenti punti: nessuna copertura corporativa ai fenomeni degenerativi; impegno e partecipazione nei luoghi dell’elaborazione comune, a partire dall’associazione nazionale; coerenza tra predicato e praticato.

Ma De Vito ha parlato anche della resa dei conti all’interno della magistratura, a cui abbiamo assistito anche in tv, nello specifico a “Non è l’Arena” di Massimo Giletti. “Credo che il magistrato sia libero di intervenire nel dibattito pubblico. Ma deve farlo a una condizione: spogliarsi del tentativo di coprire argomenti squisitamente politici con l’autorevolezza o l’autorità che deriva dalla toga ed evitare di parlare di vicende processuali in corso da lui gestite“. Evidente il riferimento a Nino di Matteo: “Trovo pericoloso il sentiero sul quale si è incamminato il collega“. A proposito dell’audizione in Commissione Antimafia, spiega cosa ha capito: “Ancora una volta l’insistenza su suggestioni non verificabili e che verrebbero imposte al dibattito pubblico solo attraverso la credibilità della toga e non in forza di un articolato ragionamento sui fatti. Le detenzioni domiciliari ad esempio non sono un segnale di cedimento alla criminalità organizzata ma esprimono la forza dello Stato di Diritto“.

RICCARDO DE VITO: “RIFORMARE CSM, ECCO COME”

A questo punto, per riformare il Consiglio Superiore di Magistratura serve, a giudizio di Riccardo De Vito, andare dritti alla radice del problema. “La Magistratura deve farsi carico di una ‘decomposizione’ del potere dei capi per riportare la democrazia negli uffici, ricostruire l’indipendenza interna ed esterna, sdrammatizzare il problema delle nomine”. Un’ulteriore riforma necessaria è quella del carcere: “In sintesi, direi che ora l’obiettivo principale è quello di ridare agibilità costituzionale e praticabilità politica agli istituti clemenziali, agendo su più fronti”. Quali? La stretta correlazione di tali istituti con i principi costituzionali di finalismo rieducativo e umanità della pena, con scomparsa dall’atlante delle clemenze di tutti quei provvedimenti che non siano collegati a situazioni straordinarie (vedi Covid) o a ragioni eccezionali (vedi riforme di sistema del processo o del diritto penale), e la massima pubblicità della discussione parlamentare e garanzia del controllo di costituzionalità sui presupposti.