Momento buono per l’economia italiana: sta volando. Jamie Dimon, capo della banca JP Morgan ha dichiarato che è ora di investire in Italia. Ma c’è un’incognita in prospettiva: riuscirà l’Italia a fare tanta crescita da riportare il rapporto debito/Pil entro l’equilibrio? Il debito pubblico, infatti, ha raggiunto la cifra abnorme del 160% del Pil. Le stime di crescita per il 2021-22 sono attorno al 5% per ciascun anno, non male. 



Il governo Draghi dichiara che non è questo il momento di pensare al debito: bisogna mettere in priorità gli investimenti. Ma Banca d’Italia fa trapelare inquietudine. Soprattutto, la Bce ha fatto capire che non sterilizzerà il debito, gelando la speranza che questo possa restare elevato per decenni senza conseguenze. Il punto: ridurre il debito aumentando la crescita richiede riforme di efficienza sul piano normativo e amministrativo nonché una riduzione sostanziale dell’assistenzialismo a favore della produttività della spesa pubblica. 



Nel 2023 verranno ripristinate le regole ordinative europee ora sospese. Molti osservatori credono che queste non potranno rimanere restrittive. Ma nell’Ue il coro prevalente guidato dalla Germania, invece, canta il ritorno al rigore. Pertanto c’è il rischio che l’Italia non riesca a modificare il proprio modello in direzione pro crescita in tempo utile, rientrando nella classifica delle zone poche sicure per gli investitori, e, soprattutto, debba aumentare le tasse. Quindi sarebbe razionale sia pensare già ora a questo problema, invece di rinviarlo, sia, soprattutto, individuare un metodo nazionale e non recessivo per abbattere un’aliquota del debito di almeno 200 miliardi, possibile con un’operazione di dismissione parziale del patrimonio pubblico. 



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