Al fine di contenere il perdurare degli effetti straordinari sull’occupazione determinati, ahimè, dall’epidemia, ancora in corso, di Covid-19 in aree caratterizzate da gravi situazioni di disagio socioeconomico, e di garantire la tutela dei livelli occupazionali, il Governo Conte-2 aveva previsto di applicare l’esonero contributivo “Decontribuzione Sud” fino al 31 dicembre 2029. La legge di bilancio 2021, nello specifico, nell’estendere l’esonero sino al 31 dicembre 2029, prevede, tuttavia, una diversa modulazione dell’intensità della misura. Nella nuova versione, la percentuale di contribuzione datoriale sgravabile è pari: al 30% fino al 31 dicembre 2025, al 20% per gli anni 2026 e 2027 e al 10% per gli anni 2028 e 2029.



Le Regioni del nostro Mezzogiorno che rientrano, quindi, nel beneficio sono l’Abruzzo, la Basilicata, la Calabria, la Campania, il Molise, la Puglia, la Sardegna e la Sicilia. In questo quadro l’Inps, con la circolare 33/2021 di due giorni fa, fornisce (finalmente) le istruzioni operative che rendono fruibile tale agevolazione contributiva.



Dal punto di vista degli utilizzatori possono accedere al beneficio i datori di lavoro privati, anche non imprenditori, con esclusione del settore agricolo e dei datori di lavoro che stipulino contratti di lavoro domestico, nonché dei settori espressamente esclusi dalla norma. La Decontribuzione Sud spetta, infatti, con riferimento a tutti i rapporti di lavoro subordinato, sia instaurati che instaurandi, diversi dal lavoro agricolo e domestico, purché sia rispettato il requisito geografico della sede di lavoro.

In quest’ottica, è opportuno sottolineare come questa l’agevolazione non abbia la natura di incentivo all’assunzione e, pertanto, non sia soggetta all’applicazione dei principi generali in materia di incentivi all’occupazione. Il diritto alla fruizione di questa agevolazione, sostanziandosi in un beneficio contributivo, è invece subordinato, al possesso del Documento unico di regolarità contributiva (il famoso Durc), all’assenza di violazioni delle norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro, al rispetto degli obblighi di legge e degli accordi e contratti collettivi nazionali, nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, sottoscritti dalle Organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.



Si deve evidenziare, inoltre, come in ragione dell’entità della misura di sgravio, lo stesso risulti cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote contributive previste dalla normativa vigente, nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta, sempre che non vi sia un espresso divieto di cumulo previsto da altra normativa.

In attesa, insomma, della scrittura e dell’implementazione delle risorse del Recovery plan il tessuto produttivo del nostro Paese ha a disposizione alcuni utili strumenti (oltre che sulla decontribuzione “Sud” l’Inps è intervenuto su quella per le “Donne”) a supporto di possibili assunzioni, pur nel perdurare della difficile situazione economica generale, per il rilancio dell’occupazione.

Viene, tuttavia, da chiedersi se misure come queste, o similari, basteranno, o saranno utili, nel momento (imminente?) in cui inevitabilmente verranno sbloccati i licenziamenti. Le politiche attive del futuro, tanto richieste e immaginate, non potranno essere solamente “semplici” decontribuzioni ma misure strutturate, e articolate, tese a valorizzare il capitale umano e le competenze delle persone. C’è da immaginare che per fare ciò non basteranno, come troppo spesso nel recente passato, delle istruzioni Inps.

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