Alla fine Mario Draghi ha fatto notizia – agli occhi delle anime belle – confermando come una notizia ovvia e scontata che il Governo russo “negli ultimi vent’anni” ha fatto una vasta opera di corruzione degli affari, della politica e dei media in molti Paesi, il che qualifica (o qualificherebbe) lo Zar Putin come un perfetto imbecille visti i bei risultati conseguiti ovunque (cioè zero) salvo che in Germania, dove però avevano se non altro la buona ragione per fare i simpaticoni col criminale pelato, visto che ai suoi ordini c’era tutto il gas che le serviva.
Ma è un peccato che, come al solito, l’attenzione dei più si sia concentrata sulle cose dette da Draghi sulle fregnacce fatte trapelare dalla Segreteria di Stato americana per complicare la vita alla Lega e a Berlusconi con una palese invasione di campo nella campagna elettorale italiana, pari a quella per non fare la quale i russi avrebbero pagato chissà chi. Dice: ma allora sei filorusso. Tutt’altro, possa lo Zar schiattare domani, anche se pare brutto pensarlo e ancora più dirlo. Ma nessuna ingerenza negli affari interni è ammissibile, nemmeno quando arriva da Washington, come sempre.
Detto ciò, vediamo cos’ha fatto di veramente importante il Governo Draghi ieri: ha dato il via libera al Decreto aiuti-ter. Totalizzando con esso, ha rimarcato il Premier, «siamo a 14 miliardi oggi, più 17 miliardi del decreto bis, arriviamo a un importo di circa 31 miliardi. Sembra rispondere alla richiesta di uno scostamento di 30 miliardi, a meno che non si pensi a uno scostamento ogni mese». Aiuti che «si aggiungono – ha sottolineato il Premier – ai quasi 50 dei mesi scorsi. Nel complesso parliamo di una cifra pari al 3,5% del Pil, che ci pone tra i Paesi che hanno speso di più in Europa».
Peccato che intanto la Francia ha messo già il tetto alle bollette, a Londra la neoeletta Truss lo ha già annunciato, la Repubblica Ceca lo metterà, la Germania ci sta pensando, e intanto la Croazia aumenta le sue estrazioni di gas dall’Alto Adriatico, attingendo agli stessi identici giacimenti per non svuotare i quali (col connesso rischio di subsidenza, cioè smottamenti e bradisismi in Laguna veneta) la legge italiana li ha chiusi quasi vent’anni fa (più cretini di così). Per dire che il 3,5% del Pil è tanta roba, ma non è che siamo i primi della classe.
Del resto, come purtroppo una larga fetta del Pnrr attuato, più che atti concreti questo Governo ha fatto concreti enunciati: per ora ancora lettera semimorta. Non per colpa sua, era questo che la mitica Europa prescriveva agli Stati membri come prime azioni da compiere per ottenere il Pnrr. Ma tra progettare e cantierare, enunciare la riforma della Pubblica amministrazione e far lavorare davvero gli statali, ecco… tra estremi opposti come questi, la distanza è tanta!
In dettaglio, in questo decreto ter sono compresi aiuti alle famiglie e alle imprese contro la crisi energetica «e più in generale il carovita», ha detto Draghi. E per «accelerare le riforme strutturali del Pnrr» (ah, dunque vanno accelerate?). Sul piano pratico, un bonus: di 150 euro per i redditi fino a 20 mila euro e il taglio sulle accise dei carburanti esteso fino al 31 ottobre. Come dire che la proroga – se ci sarà – rientrerà, con il suo finanziamento, tra le rogne del prossimo Governo. Ah, tra l’altro Draghi ha buttato lì che non è disponibile a un nuovo mandato a palazzo Chigi. Renzi e Calenda sono avvisati.
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