L’Ue ha tolto i vincoli al pareggio di bilancio e gli Stati possono aumentare l’indebitamento per finanziare gli interventi d’emergenza. La Bce ha varato un programma (Pepp) di acquisto di tali debiti per 750 miliardi, ma estendibile “a quanto servirà” come dichiarato. Inoltre, tali (extra)debiti potranno essere trattenuti nel bilancio della Bce stessa, così “sterilizzandoli”, cioè di fatto azzerandone i costi di servizio e limitando l’impatto destabilizzante del cumulo debitorio.



L’Ue poi ha preso un indirizzo che toglie il divieto agli aiuti di Stato: ciascuno potrà trasferire queste risorse a debito e quelle proprie all’economia nazionale come gli pare. Così facendo l’Ue ha rinunciato a governare l’emergenza – ed è ovvio perché non ha strumenti di politica fiscale – dando il “libera tutti” agli Stati, affidando alla sola politica monetaria il compito di sostenerli. Il punto: i soldi ci sono, ma la rinazionalizzazione di fatto dell’Ue ha creato un’asimmetria competitiva e di capacità tra nazioni. Pertanto l’Italia, oltre ad allocare bene i denari per evitare impoverimenti destabilizzanti, dovrà fare attenzione a mantenere la competitività prospettica del suo sistema economico.



Di fronte a una Germania che sta preparando aiuti di Stato per circa 1.000 miliardi a favore delle sue grandi e medie imprese, l’Italia ne sta stanziando 50 con l’intento di difenderle da acquisizioni straniere. Scala a parte, la competitività non è solo protezione, ma principalmente “politica industriale”, cioè una serie di condizioni che permettano alla grande e media industria residente di aumentare la concorrenzialità nel mercato globale. Queste non ci sono e nemmeno se ne parla, mentre in Francia e Germania sì. Inoltre, l’economia italiana è fatta per lo più da piccole imprese.



In settimana il Governo deciderà i sostegni, ma le prime bozze fanno temere che ci sia poca consapevolezza dei requisiti di forza industriale, mentre è perfino esagerata quella in materia di assistenzialismo. Il Governo, oltre ad accelerare la riapertura dell’economia, dovrebbe rendersi conto che per distribuire ricchezza bisogna crearla, preparando già nell’emergenza le condizioni di competitività territoriale per il dopo.

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