Oggi è in programma la riunione del board della Bce ed è anche l’ultimo giorno utile affinché il Governo possa approvare il “decreto aprile”, che già sarebbe dovuto essere licenziato prima di Pasqua, senza che il calendario ci porti al mese di maggio. L’Eurotower ha già preso decisioni importanti nelle ultime settimane per fronteggiare la crisi determinata dalla pandemia ed è inutile chiederle di più, ci spiega Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie: «Il problema della Bce è che può anche mettere a disposizione più liquidità, ma non ha gli strumenti per fare gli investimenti».
Chi può allora svolgere questo importante compito?
Mi sembra che finalmente dopo l’ultimo Consiglio europeo ci si stia muovendo verso l’idea di una politica fiscale europea. C’è voluto il coronavirus per scoprire che la politica monetaria da sola è asimmetrica. Il problema è che si arriva tardissimo a prendere atto che una situazione ottimale è quella che vede la Bce occuparsi della politica monetaria e la Commissione europea di quella fiscale. Il bilancio europeo va quindi potenziato in modo che ci siano risorse da utilizzare per investimenti infrastrutturali e interventi in aree meno sviluppate. Una parte a fondo perduto, un’altra tramite prestiti. C’è però un problema da risolvere.
Quale?
Che l’Ue, dovendo avere il bilancio in pareggio, non può fare prestiti. Io sono convinto che questo problema si possa risolvere senza bisogno di una modifica costitutiva che richiederebbe tempi piuttosto lunghi: basterebbe che la Commissione creasse un fondo fuori bilancio, con la garanzia del bilancio stesso, per questa finalità. Ovviamente senza condizionalità, perché si parla di normale politica fiscale, non di interventi per salvare gli Stati dalle crisi come nel caso del Mes. Resta il fatto che tutto questo non potrà essere operativo prima dell’anno prossimo.
Nel frattempo cosa si può fare?
Meglio mettere da parte il progetto degli eurobond, perché sarebbe meno efficace del Recovery Fund e non arriverebbe in tempi rapidi. Il Mes diventerà inutile l’anno prossimo, se non per la parte relativa alle crisi bancarie. Nel frattempo si può pensare di accedervi per le spese sanitarie senza condizionalità, ma per evitare tutti i rischi di cui si parla credo che sarebbe opportuno fossero le Regioni che hanno dovuto spendere di più per l’emergenza sanitaria, magari consorziandosi, a farvi ricorso. In questo modo si eviterebbe anche che il Governo utilizzasse le risorse per politiche assistenziali.
A proposito di quello che dovrebbe fare il Governo, c’è chi chiede più risorse a fondo perduto per aiutare le imprese…
Bisogna essere rapidi ed efficienti però. Il completamento del ponte di Genova dimostra che fase 2 e fase 1 potevano andare insieme. Ora c’è il serio rischio che operazioni che dovrebbero servire per risolvere il problema delle persone e delle imprese nella fase 2 si trasformino in misure assistenziali, perché il fondo perduto che arriva in ritardo serve solo per aiutare una persona che ha perso un lavoro; se invece arriva tempestivo, serve all’impresa per poter riaprire e continuare a dare lavoro. Quando le aziende chiudono per sempre non restano che reddito di cittadinanza e simili. Con il tempo che passa, il Governo sta facendo di fatto una politica assistenziale, non una politica di capitale umano produttivo.
Si possono ancora aiutare quelle attività che dovranno aspettare il 18 maggio o il 1° giugno per riaprire?
Se il Governo applicasse i primi articoli della Costituzione riguardanti la centralità del lavoro, aiuterebbe i barbieri, i ristoratori e gli altri soggetti costretti a stare chiusi con risorse immediate per attrezzarsi alla riapertura, dicendogli anche quando e come potranno riprendere l’attività. Diversamente, dando cioè delle risorse più avanti oppure parlando di credito di imposta a fine anno, si arriva tardi. Se si soccorre un naufrago velocemente con acqua e cibo questi si salverà, se si arriva tardi no.
Quanto tempo c’è ancora per avere misure che non siano meramente assistenziali, come dice lei, ma che offrano la possibilità di una vera ripresa?
In alcuni casi purtroppo il tempo è già finito. Occorrerebbe un maggior pressing anche di Confindustria e delle altre organizzazioni imprenditoriali per fare in modo che il Governo cambi registro. Anche sulle grandi opere, perché anziché parlare di generica riapertura dei cantieri dovrebbe essere più specifico nel dire quali saranno operativi e in che tempi.
(Lorenzo Torrisi)