In questi giorni è in corso l’iter parlamentare per la conversione in legge del decreto “cura Italia”, un pacchetto di norme nazionali finalizzato a dare una prima risposta all’emergenza sanitaria, economica e occupazionale che stiamo attraversando. Contestualmente è in fase di definizione il cosiddetto “decreto aprile”, ovvero un secondo provvedimento che avrà il compito di rifinanziare, adeguare e ampliare le misure messe in campo nelle scorse settimane.



Grande attenzione dovrà essere posta in particolare a tutti quei lavoratori che non sono assunti con contratti stabili: mi riferisco, nello specifico, ai rapporti di lavoro temporanei e in somministrazione, che oltre alle problematiche contingenti saranno prossimi alla scadenza. Per questi ultimi gli interventi assolutamente urgenti e necessari sono tre.



Il primo riguarda il rifinanziamento del fondo di solidarietà bilaterale del settore della somministrazione, che eroga il trattamento di integrazione salariale per i lavoratori assunti dalle agenzie per il lavoro, sostanzialmente una forma di sostegno in assenza di altri ammortizzatori sociali pubblici per questo settore (come la cassa integrazione). Questo fondo, attraverso un accordo tra le parti sociali, ha permesso di corrispondere le retribuzioni riferite al mese di marzo alle normali scadenze di paga. Senza un adeguato rifinanziamento, si rischia di non avere copertura economica per la mensilità di aprile, vanificando il buon operato bilaterale delle parti sociali, in quanto i versamenti accantonati sono limitati e comunque correlati ai brevi periodi di lavoro e alla conseguente contribuzione.



Un secondo intervento deve consistere nell’abrogazione della norma che non consente di rinnovare e prorogare i contratti a termine e in somministrazione presso quelle aziende che abbiano in corso sospensioni per cassa integrazione. Considerato che tante imprese sono oggi coperte dagli ammortizzatori sociali e moltissimi contratti a termine sono già scaduti a fine marzo e molti altri scadranno a fine aprile, per evitare un incremento incontrastato della disoccupazione, con conseguente perdita di reddito per i lavoratori e di professionalità per le imprese, occorre permettere che questi contratti possano essere rinnovati o prorogati.

Il terzo intervento riguarda l’abolizione delle causali per legge. Il decreto dignità nel 2018 ha introdotto l’obbligo per le aziende di indicare una motivazione per proseguire un contratto a termine oltre i 12 mesi di anzianità o in caso di rinnovo, diversamente si deve trasformare a tempo indeterminato quel rapporto di lavoro. In questa fase di profonda incertezza molto difficilmente le imprese procederanno a nuove assunzioni stabili, pertanto, a fronte di questi vincoli esistenti, non riconfermeranno i lavoratori interessati. È opportuno affidare alla contrattazione la definizione e regolamentazione delle causali, in modo da individuare le situazioni utili per garantire la continuità occupazionale del maggior numero possibile di lavoratori.

Servono interventi seri e coraggiosi, che possano produrre effetti reali sulle dinamiche occupazionali. Per fare questo è necessario il confronto con le parti sociali, ovvero i soggetti che, conoscendo la realtà, le sue caratteristiche e particolarità, possono dare un contributo affinché le risposte messe in atto siano aderenti e incidenti con i bisogni dei lavoratori.

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