Nel decreto omnibus che il Governo ha approvato nell’ultima seduta del Consiglio dei ministri prima delle vacanze sono inclusi provvedimenti su due temi problematici rilevanti di carattere economico i quali interessano due differenti comparti dei trasporti, quello aereo e quello dei taxi, e hanno entrambi a che fare col rapporto tra Stato e mercato, tra le regole pubbliche dei mercati e i comportamenti economici degli imprenditori, volti, come ipotizza la teoria economica, alla massimizzazione dei guadagni.



Ma cos’hanno in comune il caro biglietti del trasporto aereo nel periodo di picco degli spostamenti vacanzieri e l’impossibilità di trovare un taxi nelle città d’arte invase dai turisti e probabilmente anche nelle altre?

Qualcuno che sia seguace del Dott. Pangloss, l’ottimista tutore di Candido nell’omonima opera di Voltaire, potrebbe vedere il bicchiere mezzo pieno e sostenere che in fondo se i turisti non stanno trovando i taxi hanno almeno trovato i voli per recarsi nelle loro mete di vacanze e a prezzi che hanno ritenuto accettabili, avendo appunto deciso di comprarli. Se invece non stanno trovando più voli a prezzi accettabili potranno almeno consolarsi del fatto che non viaggiando non correranno più il rischio di non trovare un taxi per recarsi in aeroporto e al loro arrivo a destinazione… Tuttavia, per tutti coloro che non si riconoscono nell’ottimismo in qualunque condizione del Dott. Pangloss proviamo a dare qualche spiegazione economica prima di addentrarci in un giudizio sui nuovi provvedimenti. Ma procediamo per punti.



Il caro aerei e i taxi scomparsi hanno una spiegazione comune: la scarsità dell’offerta rispetto alla domanda. Infatti, i posti disponibili sui voli programmati dalle compagnie aerei sono per molte rotte inferiori al numero di passeggeri che vorrebbe salire a bordo, mentre a loro volta i taxi disponibili nelle città sono in numero decisamente inferiore alle persone che desidererebbero prenderli.

Qui finisce, tuttavia, l’analogia. Se la forma del problema è la stessa non lo sono invece le cause. Nel trasporto aereo i vettori non si aspettavano una ripresa così netta della domanda, dopo un triennio in cui il mercato è stato dapprima quasi cancellato e poi comunque alterato dal Covid. E, tuttavia, se anche l’avessero prevista forse avrebbero potuto farci abbastanza poco. Infatti, per offrire più voli avrebbero avuto bisogno di più aerei e di più equipaggi, ma il triennio del Covid ha tuttavia rallentato sia la sostituzione degli aeromobili più anziani, sia il turnover del personale, portando i vettori a riprendere nell’estate 2023 i volumi di offerta di quella del 2019 ma non ad accrescerla, salvo il caso di alcune compagnie low cost particolarmente aggressive e nello stesso tempo lungimiranti.



Nella settimana terminata domenica 6 agosto, ad esempio, il numero dei voli sui cieli europei era ancora inferiore del 6% rispetto alla settimana corrispondente del 2019 pre-Covid. Tuttavia, tale dato veniva abbondantemente superato nel caso dei Paesi mediterranei ad elevata domanda estiva per viaggi di vacanze: Grecia e Turchia erano a +9%, il Portogallo a +7%, mentre Croazia, Italia e Spagna agli stessi livelli del 2019. Questi numeri riguardano i voli realizzati, dunque l’offerta da parte dei vettori, programmata e messa in vendita già molti mesi fa in base alle loro aspettative circa la domanda dei consumatori. Aspettative che a posteriori sembrano essere state prudenti e non adeguatamente ottimiste. Si vede che i gestori aerei non seguono l’ottimismo di Pangloss…

Cosa accade dunque se gli aspiranti passeggeri si rivelano più numerosi dei sedili a bordo? Poiché il trasporto aereo è un mercato che è stato completamente liberalizzato dall’Unione europea ormai più di un quarto di secolo fa, a mettere d’accordo domanda e offerta sarà solo il prezzo: se resta un solo sedile a bordo a chi sarà venduto se gli aspiranti viaggiatori sono molteplici? La risposta è molto semplice: a colui che è disponibile a pagarlo di più, individuato attraverso l’utilizzo di prezzi dinamici calcolati da algoritmi matematici.

È il mercato, bellezza! Così potremmo dire prendendo a prestito e adattando una famosa affermazione attribuita al Presidente americano Clinton durante la sua prima campagna presidenziale. Può non piacere questo esito, ma è così che funzionano tutti i mercati in condizioni di libera concorrenza. Naturalmente la prossima estate le compagnie si adegueranno e, memori anche dei maggiori profitti di questa estate, si faranno trovare con più equipaggi, più aerei, più voli e più sedili a bordo. A quel punto anche i prezzi saranno più bassi di quelli attuali.

Il fatto che ora venga fatto salire a bordo il passeggero che è disponibile a pagare di più risponde a logiche di efficienza economica, ma può essere in contrasto con obiettivi di equità: chi è disponibile a pagare di più non coincide necessariamente con chi ha più bisogno, semplicemente può trattarsi del passeggero con più disponibilità di risorse economiche. Come fare allora a tutelare chi può trovarsi in stato di necessità? Forse le compagnie potrebbero adottare una tariffa volontaria speciale, contenuta, da applicarsi ad esempio a chi deve spostarsi con urgenza per cure mediche, per assistere un familiare e casi analoghi. E nel caso non lo facciano di loro iniziativa potrebbero essere indotte attraverso una moral suasion governativa.

Serve, invece, introdurre strumenti obbligatori, ad esempio bloccando l’utilizzo degli algoritmi, come sembra essere stato fatto nel decreto omnibus approvato ieri? È quanto meno discutibile. Se le tariffe su una certa destinazione sono portate in alto dalla domanda, allora le compagnie saranno indotte ad aggiungere voli e posti su quella rotta, magari togliendoli da rotte a bassa domanda estiva oppure facendo volare di più gli aeromobili e inserendo voli aggiuntivi all’alba o in tarda serata, infine spostando su queste rotte aeromobili più capienti. Questo adattamento potrebbe essere fatto sulle rotte domestiche più agevolmente dal vettore di bandiera, che dispone di una flotta più ampia di breve e medio raggio.

Resta invece il fatto che se si pone un limite di prezzo non si creano in questo modo posti aggiuntivi: se vi sono trenta aspiranti passeggeri per l’ultimo posto rimasto, ventinove passeggeri resteranno comunque a terra, qualunque sia il prezzo praticato, mentre quello già fortunato dell’essere ammesso a bordo ora lo sarà doppiamente, dato anche il vantaggio del prezzo calmierato.

Passiamo ora alla scarsità gemella, quella dei taxi che non si trovano. Qui la ragione è profondamente diversa, anzi esattamente opposta: i taxi mancano perché il mercato non è liberalizzato ma contingentato dal numero delle licenze rilasciate dai sindaci in epoche pregresse, ormai del tutto slegato dall’effettiva domanda e dalla sua stagionalità. In questo caso l’effetto della scarsità dell’offerta, voluta e apertamente deliberata, si manifesta nelle interminabili code alle fermate, particolarmente evidenti nelle città interessate dai flussi turistici più consistenti e davanti alle stazioni ferroviarie, agli aeroporti e ai luoghi turistici più domandati.

E in questo caso non vale il detto “È il mercato, bellezza”, ma il suo contrario: è il non mercato, l’assenza del mercato, lo Stato cattivo regolatore, anzi il Comune cattivo regolatore dato che sono i Sindaci i responsabile delle code alle fermate e delle arrabbiature dei viaggiatori, turisti e non.

Ben vengano allora in questo caso i provvedimenti che dovrebbero essere stati adottati ieri, come il rilascio di licenze aggiuntive (ma perché poi temporanee?). Tuttavia, il timore è che essi non siano sufficienti, ma possano invece rivelarsi un palliativo, non in grado, inevitabilmente, di produrre effetti durante l’estate in corso e destinati probabilmente, ma evitabilmente, a essere boicottati da qui alla prossima.

Nell’attuale assetto di competenze il problema dei taxi è del tutto insolubile e il perché lo spiega la teoria economica della Public Choice: alle elezioni municipali i taxisti votano, i turisti e i viaggiatori non residenti non votano. Dunque i Sindaci in carica sono sensibili agli interessi dell’offerta di trasporto pubblico individuale urbano e del tutto insensibili alla domanda. La rielezione val bene una messa, intesa come lunghe code alle fermate e la connessa irritazione dei poveri turisti non elettori…

Si vuole risolvere davvero il problema? Allora non resta che togliere ai Sindaci la definizione del numero delle licenze in ogni Comune e affidarla a un organismo totalmente tecnico, extra municipale e super partes che possa calcolarlo esclusivamente in base ai numeri effettivi della domanda. Il candidato ovvio a svolgere questo compito esiste già, non c’è bisogno di crearlo ex novo, ed è l’ART, l’Autorità di regolazione dei trasporti.

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