Per sapere se il Decreto “Antiscarcerazioni” del Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede sia o meno incostituzionale bisognerà attendere ancora (un bel) po’: la Consulta infatti era stata chiamata ad esprimersi lo scorso 29 maggio dal giudice di sorveglianza del Tribunale di Spoleto Fabio Gianfilippi perché aveva sollevato una questione di legittimità costituzionale sul testo del Decreto (col quale Bonafede ha deciso di far rientrare in carcere diversi boss mafiosi usciti dopo la ben nota circolare Dap 21 marzo). Ebbene, la Corte Costituzionale ha deciso di non decidere, ma non è un gioco di parole: ha infatti restituito gli atti al magistrato di sorveglianza visto che nel frattempo il provvedimento governativo, che disponeva la necessità di rivedere entro 15 giorni dall’uscita dalla cella se vi era la necessità di far trascorrere al destinatario del provvedimento «ancora un breve periodo di detenzione domiciliare», era stato comunque modificato. Lo spiega bene oggi l’Huffington Post con un focus dove si annuncia che gli atti del Dl Antiscarcerazioni tornano a Spoleto con il comunicato della Corte che afferma «il giudice dovrà verificare se, alla luce delle modifiche introdotte con la successiva legge 70/2020 (il cosiddetto decreto carceri), le questioni sollevate siano ancora non manifestamente infondate».



ORA COSA SUCCEDE CON IL DL ANTISCARCERAZIONI?

Le novità inserite nel passaggio in Commissione Giustizia sul Decreto Bonafede garantiscono un maggiore diritto di difesa rispetto alla prima stesura del testo approvato in CdM il 9 maggio scorso. «I giudici della Consulta, riuniti oggi in camera di consiglio, hanno osservato che, successivamente al dl in questione, è stata approvata la nuova legge (70/2020) in base alla quale quando il magistrato di sorveglianza ha disposto in via provvisoria la revoca e il condannato è tornato in carcere, il tribunale di sorveglianza è tenuto a pronunciarsi in via definitiva sull’istanza di scarcerazione entro il termine perentorio di 30 giorni, nell’ambito di un procedimento in cui la difesa ha pieno accesso agli atti», scrivono i giudici della Consulta nel rinviare la decisione sulla costituzionalità o meno del Decreto Bonafede. Gianfilippi invece, nel suo ricorso alla Corte, sottolineava che «l’introduzione dell’obbligo di valutare periodicamente la possibilità di far rientrare in carcere un detenuto senza coinvolgere il suo legale non garantisse il diritto di difesa». Ora starà ancora al Tribunale di Spoleto capire se vi siano altre “ingiustizie” presenti nel testo in modo, eventualmente, di fare nuovamente ricorso alla Consulta o definire chiusa l’intera ragione.

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