Nel contrastare la pandemia da coronavirus, il Governo continua a procedere a piccoli passi sia sull’emergenza sanitaria, sia su quella economica. Anche se ieri ha fatto un passo più lungo degli altri, resta sempre più corto di quel che sarebbe necessario. Stanziare 25 miliardi di euro e attivare flussi per 350 miliardi è senza dubbio una mossa significativa, tuttavia lo stesso Governo ha ammesso che il prossimo mese dovrà arrivare un nuovo decreto concentrato a quanto pare sugli investimenti. Non solo. Anche le misure per dare sollievo alle famiglie e alle imprese non sembrano sufficienti.
Il punto più debole riguarda il rinvio delle scadenze fiscali: quelle che dovevano scattare oggi sono congelate, ma solo venerdì si saprà la loro sorte. Sembra chiaro in ogni caso che si tratta di uno slittamento a corto raggio. C’è il rischio di concentrare una gran quantità di pagamenti attorno alla metà dell’anno (sempre che la pandemia sia bloccata) quando in ogni caso le imprese non avranno ricominciato a lavorare a pieno ritmo. Quindi si sarà costretti a prevedere una consistente rateizzazione. Non era meglio farlo fin d’ora? Più in generale, è realistico pensare che in uno o due mesi tutto tornerà come prima? Prudenza e lungimiranza consigliano di mettere mano fin da ora a misure che si proiettino almeno a fine anno. Una moratoria fiscale sembra inevitabile, mettendo in conto di spendere molti più denari di quanto stimato finora e di indebitarsi ancor più.
Il Cerved, la società che analizza i bilanci delle imprese, ha elaborato i suoi scenari. Se l’emergenza finisce a maggio, la perdita del giro d’affari sarà di circa 275 miliardi di euro; se invece si protrarrà fino a dicembre il colpo sarà durissimo: 469 miliardi quest’anno e 172 miliardi come trascinamento nella prima parte del 2021. Allacciamo le cinture. Ma anche nello scenario più ottimistico l’impatto sul prodotto lordo è molto pesante. L’ufficio studi di Unicredit ha elaborato le sue previsioni: per l’Eurozona ci sarà una contrazione dello 0,2% nel primo trimestre seguita da un -0,9% nel secondo; con un rimbalzo dell’1,1% nel terzo e dello 0,6% nell’ultimo trimestre, nell’insieme la crescita sarà vicino allo zero (+0,1%). L’Italia soffrirà molto più degli altri: una contrazione dell’1,7% in questo trimestre, un 4% in meno nel secondo, poi la risalita a V (+4,7%) nel terzo trimestre, insufficiente comunque a evitare una recessione. Non sappiamo se queste cifre saranno confermate: come tutte le previsioni, sono incerte. Tuttavia la tendenza delineata è chiarissima. Se Unicredit ragiona su un anno e anche più, non si vede perché non lo faccia anche il Governo.
Non sottovalutiamo certo la capacità del ministro dell’Economia e dei suoi tecnici: i loro tavoli saranno sovraccarichi di dati ed elaborazioni statistiche. Il problema, però, è che le risorse sono scarse, a meno di non spezzare i vincoli europei. Ieri Gualtieri ha detto chiaramente che il prossimo passo verrà fatto ad aprile perché “contiamo con il lavoro europeo e con la riprogrammazione dei fondi Ue di sostenere e rafforzare ulteriormente gli interventi a sostegno dell’economia”. Passo dopo passo, dunque, restando attorno al mitico disavanzo del 3%. Ma forse è il momento di compiere un passo lungo, anche più lungo della gamba.
Questo ci porta dritti dritti a chiedere aiuto al Mes, il Meccanismo europeo di stabilità, sulla cui riforma è aperto un duro confronto tra l’Italia e i Paesi “ortodossi” a cominciare dalla Germania? Molti se lo chiedono e c’è chi comincia a dire che sarebbe il male minore, nonostante le dure condizioni che potrebbe imporre. Carlo Calenda ha invitato a non tener conto del Patto di stabilità, tanto è sicuro che verrà sospeso. Pur senza la sfera di cristallo, è probabile che abbia ragione. Allora su, più coraggio e più energia. Ci vuole un vero contro-choc per fronteggiare lo choc da Covid-19.