Ed ecco è arrivato il 30 giugno 2024 ed è entrato in vigore il D. Lgs. 3 maggio 2024, n. 62, contenente una serie di norme che introducono nuovi diritti della disabilità. Si tratta di norme relative alla definizione della condizione di disabilità – di cui ci siamo già ampiamente occupati -, all’accertamento di tale condizione, alla revisione dei suoi processi valutativi di base, alla valutazione multidimensionale della disabilità e alla realizzazione del progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato della persona con disabilità.



Per alcuni aspetti, occorre l’emanazione entro sei mesi di un decreto ministeriale, con alcune disposizioni che saranno effettivamente applicabili dal 1° gennaio 2025. E dunque bisognerà lavorare a testa bassa perché il decreto apparentemente risulta innovativo rispetto all’attuale contesto normativo, in alcuni aspetti, ma complicati dalla norma assai ridondante. L’aver introdotto le definizioni di disabilità, della condizione di disabilità e della persona con disabilità, ispirandosi alla nuova prospettiva della “disabilità”, non derivante più dalla mera visione medica dell’impedimento determinato dalla malattia o patologia, è intesa quale risultato dell’interazione tra persone con compromissioni e barriere comportamentali e ambientali che impediscono o limitano la partecipazione nei diversi contesti di vita e l’adozione – dal 1° gennaio 2025 – della classificazione internazionale delle malattie (Icd) dell’Organizzazione mondiale della sanità e della contemporanea classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (Icf): il loro utilizzo congiunto fornisce un quadro più ampio e significativo della salute delle persone.



Molto complicata è sicuramente la realizzazione del procedimento unitario (e unificato) di valutazione di base, affidato all’Inps dal 1° gennaio 2026, finalizzato alla certificazione che accerti la sussistenza della condizione di disabilità, unificato al processo dell’accertamento dell’invalidità civile, della cecità civile, della sordocecità, degli alunni con disabilità, degli elementi utili alla definizione della condizione di non autosufficienza. Il procedimento è attivato da un certificato medico introduttivo ed è distinto dalla successiva valutazione multidimensionale, volta alla predisposizione di un progetto di vita della persona con disabilità: all’esito della valutazione di base, la persona con disabilità può chiedere di avviare il procedimento di valutazione multidisciplinare.



Si tratta di una valutazione bio-psico-sociale, effettuata da un’unità di cui fa parte anche la persona con disabilità e che, partendo dagli esiti della valutazione di base, li arricchisce con particolare riferimento al concreto contesto sociale in cui la persona svolge la propria vita. Si tratta di un fondamentale strumento di coordinamento e la presenza, nell’unità di valutazione, anche di soggetti delle istituzioni ed enti assistenziali coinvolti nella fase attuativa rende il progetto di vita un vero e proprio patto di corresponsabilità.

Un’innovazione che dovrà essere gestita con particolare competenza è il diritto all’accomodamento ragionevole, con la previsione di un procedimento di modifiche e adattamenti ritenuti necessari, purché non eccessivi o sproporzionati, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio dei diritti civili e sociali. Si prevede per tutto l’anno 2025 una fase di sperimentazione, con l’applicazione a campione delle disposizioni sia in materia di valutazione di base che relativamente alla valutazione multidimensionale, finalizzata anche all’aggiornamento delle definizioni, dei criteri e delle modalità di accertamento.

Il decreto in particolare identifica tra le aree di intervento del progetto di vita anche quelle della formazione e del lavoro (art. 26, comma 3, lett. b) e prevede che tra i componenti dell’unità di valutazione dimensionale incaricata a elaborare il progetto di vita vi possa essere anche «un rappresentante dei servizi per l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità di cui all’articolo 6, della legge 12 marzo 1999, n. 68» (art. 24, comma 2, lett. g). Così si punta a realizzare concretamente un percorso di politica attiva dedicata al lavoratore disabile che secondo la nostra Costituzione sancisce il diritto all’educazione e all’avviamento professionale.

L’integrazione lavorativa della disabilità, riguarda principalmente le disparità sociali e territoriali esistenti nel nostro Paese, e realizzarla concretamente significa integrare il progetto di vita delle persone non solo riconducibile al contesto socio-sanitario nel quale vengono elaborati, ma soprattutto a livello locale avere la capacità di inserirlo sul luogo di lavoro opportunamente tutelato e seguito.

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