Il conto della bolletta delle imprese è passato a oltre 37 miliardi nel 2021 circa cinque volte di più dell’epoca pre-pandemica. L’impatto degli abnormi prezzi del gas (+723% a dicembre su prezzi medi pre-crisi) combinato con inflazione e strozzature sui rifornimenti di materie prime sta causando temporanee chiusure di imprese nei settori energivori, gli ordini reggono a fatica e servizi e consumi sono di nuovo giù. Questo è il quadro allarmante che traccia Confindustria, che stima una frenata (-0,8%) rispetto alle previsioni di crescita del Pil per il 2022.



Pressato, il Governo ha varato delle misure che mettono in campo complessivamente 5,5 miliardi contro il caro bollette nel primo trimestre dell’anno in corso. L’esecutivo era già intervenuto a fine anno scorso sul primo trimestre 2022 stanziando 3,8 miliardi al fine di mitigare il rincaro del costo dell’energia focalizzandosi sulle utenze domestiche. Con i nuovi provvedimenti, aggiunge ulteriori 1,7 miliardi destinati a sostenere il mondo delle imprese. Sono interessate le utenze da 16,5 kW di potenza disponibile in su, in bassa, media, alta e altissima tensione.



Le misure prevedono, dal lato sostegni, l’azzeramento degli oneri generali di sistema e un contributo straordinario sotto forma di credito di imposta per le imprese energivore che abbiano subito un incremento del costo per kWh superiore al 30% rispetto al medesimo periodo del 2019 con un tetto pari al 20% delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel primo trimestre 2022. Mentre, per coprire finanziariamente questi interventi, è stata approvata la controversa misura di restituzione degli extraprofitti intascati dalle imprese che producono elettricità senza sopportare gli effetti dell’eccezionale aumento del prezzo del gas. 



Senza addentrarci nelle specificità, complesse e sottoposte a diversi condizionamenti legati ai meccanismi di incentivazione tariffaria e a contratti di vendita a prezzo fisso, dal 1° febbraio al 31 dicembre 2022, agli impianti fotovoltaici in conto energia sopra i 20kW, agli impianti idroelettrici, geotermici ed eolici verrà effettuato un prelievo sulla differenza tra il prezzo di vendita e la media “normale” 2010-2020 quando eccedente il 10%. 

Istintivamente può sembrare “etico” riequilibrare tra operatori economici. Ma non è la funzione del mercato quella di essere giusto. Il mercato deve fornire segnali. Il prezzo è un segnale. Così com’è scorretto cambiare le regole in corsa, minando la fiducia degli investitori nel quadro normativo di riferimento di un Paese. Questi interventi tampone sono forse (elettoralmente) necessari, ma restano comunque distorsivi e disfunzionali. Non incentivano l’efficientamento energetico e men che mai contribuiscono a risolvere strutturalmente l’autosufficienza energetica del Paese. È dal primo shock petrolifero (1973) che l’Italia dovrebbe essere consapevole di questa sua vulnerabilità. Senza dimenticare, poi, che lo sgravio sulla bolletta delle famiglie, come delle imprese, sovvenziona le energie fossili, e rientra, a rigor di logica, nei tanto deprecati (e spesso mal interpretati) Sussidi ambientalmente dannosi, SAD. Si smentisce il principio in base al quale chi inquina paga.

Invece di misure prettamente finanziarie ed emergenziali sulle bollette delle imprese, perché non spendere i soldi pubblici anticipando immediatamente alle imprese un ciclo di investimenti sull’efficientamento industriale che possono arrivare a riduzioni fino al 30/40/50% dell’energia consumata? Questi sarebbero soldi pubblici ben spesi e con effetti sul lungo termine. I prezzi dell’energia saranno anche gonfiati da speculazione e da tensioni geopolitiche, ma non illudiamoci né di tornare nel giro di tre mesi sotto la soglia dei 100 euro a MWh (sul Mte i futures relativi al mese di marzo quotano a 160 euro), né di poter fare a meno completamente del gas.

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