Sotto l’ondata dei contagi prenatalizi il governo ha varato una stretta delle misure di contenimento sanitario. Non c’è un vero giro di vite, cioè un qualcosa di analogo al super green pass, come sarebbe potuta essere, per esempio, l’estensione del vaccino obbligatorio ad altre categorie di lavoratori. È stata disposta piuttosto una rimodulazione di disposizioni già in vigore, un piccolo inasprimento teso a mandare un segnale: ci vuole maggiore prudenza.
Quindi la durata del green pass viene ridotta a 6 mesi, così da indurre chi ha già due dosi a fare anche la terza, per ricevere la quale ora non sarà più necessario aspettare 5 mesi, ma ne basteranno 4. Il super green pass servirà anche per il caffè al banco e nei musei. Niente cibo servito in cinema, teatri e stadi, dove ora sarà obbligatoria la mascherina Ffp2 anche all’aperto e che dev’essere indossata anche sui mezzi di trasporto (treni, aerei, bus, metropolitane). A proposito di mascherine, bisognerà sempre portarla quando si esce di casa. L’Italia di fatto ritorna tutta in zona gialla, visto che l’obbligo di protezione delle vie respiratorie è la misura che caratterizza proprio questa fascia di divieti.
Feste e concerti sono vietati fino al 31 gennaio: addio assembramenti ai fuochi d’artificio di San Silvestro. Se si ha il super green pass ma non ancora la terza dose di vaccino, occorrerà un tampone per entrare in discoteca, nei locali aperti per feste ed eventi e nelle residenze socio-assistenziali. Servirà anche per chi arriva dall’estero. Infine, il governo ha stanziato 9 milioni di euro per moltiplicare il tracciamento dei positivi nelle scuole: i laboratori militari integreranno la rete di diagnostica già in attività.
Fin qui le nuove misure, o meglio il rafforzamento delle vecchie. Il governo ha fatto sapere che il provvedimento è stato varato all’unanimità, dunque dal Pd alla Lega non ci sono state frizioni. Mario Draghi non ha voluto calcare la mano dopo le reazioni fredde alla conferenza stampa in cui ha lasciato intendere la disponibilità a essere eletto al Quirinale. Non è il caso di irritare chi sarebbe chiamato a esprimere il proprio voto, anzi meglio recuperare un rapporto disteso con i partiti della maggioranza.
Ma il decreto varato ieri rispecchia anche una situazione profondamente diversa da quella dell’anno scorso. È vero che i numeri dei contagi sono molto più alti di 12 mesi fa, ma è altrettanto vero che non c’è proporzione né con il numero delle persone ricoverate né con i decessi. L’infezione dunque si trasmette con estrema facilità, ma le conseguenze non sono più così gravi. Merito dei vaccini, ma anche delle caratteristiche dell’ultima variante Omicron. Ieri la situazione era questa: 44.595 nuovi casi (+70,8% in una settimana, un’autentica impennata), 27.300 attualmente positivi, 168 morti, 13 nuovi ricoveri nei reparti di terapia intensiva che ora ospitano 1.023 malati gravi di Covid. Il 23 dicembre 2020 si registravano 2.264 ricoverati in terapia intensiva, 593 morti ma 15.144 casi totali: tutti ricordiamo le polemiche seguite alla decisione di Giuseppe Conte di richiudere nuovamente tutto o costringere gli italiani a passare il Natale 2020 tappati in casa, con la possibilità per una sola persona di andare a trovare un parente. Ora le strutture sanitarie non sono in affanno e reggono a questa ondata massiccia e improvvisa, ma non letale come le precedenti. Quindi prudenza, e scongiuri: al candidato Draghi non gioverà un’ulteriore recrudescenza.
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