Si dice che la politica sia l’arte della mediazione e questo porta inevitabilmente a fare dei compromessi. Ogni decisione in Parlamento richiede una maggioranza e trovare un punto di convergenza non è mai facile, occorre sempre rinunciare a qualche aspetto del proprio punto di vista per raggiungere il consenso necessario a far approvare un determinato provvedimento.
Sembra tutto facile e scontato, ma non lo è e il regista di questa complessa operazione che si richiede ad ogni voto in ogni provvedimento è il ministro per i Rapporti con il Parlamento. Uno strano personaggio che la gente in genere non sa neppure chi sia, ma che è il grande tessitore, garante del consenso del Parlamento alle decisioni del Governo. In questo momento è il ministro D’Incà, del Movimento 5 Stelle. Discreto e prudente, costantemente in filo diretto con i capigruppo e con i vari ministri, il suo obiettivo è cercare di sapere ciò che accadrà prima che accada e se possibile, quando si tratta di eventi negativi, per evitare che accadano! È lui che pone la fiducia quando il governo teme di andare sotto; ed è sempre lui che scommette di avere la maggioranza e reputa inutile mettere la fiducia, perché sa di poter contare sul consenso della sua maggioranza.
Federico D’Incà era ministro ai tempi del Conte 2, il famoso governo giallo-rosso, e ne ha vissuto la crisi; ma è stato confermato da Draghi nel suo ruolo e da allora con una maggioranza che va da Leu all’Udc, i due partiti più piccoli, includendo tutti gli altri, meno Fratelli d’Italia e i fuoriusciti del M5s, non ha avuto molto bisogno di venire a chiedere la fiducia in Parlamento. Il solo chiederla sarebbe già stata una sconfitta.
Le decisioni si prendono a monte e rispondono ad un criterio elementare: verificare con i capigruppo se la maggioranza su quel provvedimento c’è; altrimenti il provvedimento è messo in stand by, in attesa di tempi migliori. Il governo, un governo con una maggioranza così estesa, anche se così variegata, non può andare sotto. Se sussiste questo rischio, il provvedimento va in fondo al cassetto.
Ieri, ad esempio, alla Camera dei deputati la fiducia non è stata posta, perché non ce n’è stato bisogno. Tutti i partiti, Lega inclusa, avevano ritirato i loro emendamenti. Si votava il decreto legge sul green pass a scrutinio segreto, ma avendo ritirato tutti gli emendamenti la maggioranza era in un certo senso blindata. Come da copione sono stati bocciati gli emendamenti interamente soppressivi dell’opposizione, cominciando con quelli di FdI, e la Lega ha difeso la sua linea astenendosi, ma certamente non votando no. È e vuole rimanere nella maggioranza del Governo Draghi; è parte integrante di questa strana ma utile maggioranza. Sembra proprio che “costi quel che costi”, questo governo voglia arrivare al suo termine naturale. Almeno finché Draghi c’è…
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