Claudio Durigon, sottosegretario leghista al Ministero del Lavoro, ha dichiarato che entro gennaio il governo Meloni lavorerà ad un decreto per consentire una maggiore flessibilità e meno burocrazia a tutte le aziende. Il decreto servirà anche a garantire maggiore sicurezza ai lavoratori la dichiarazione è stata fatta durante un’intervista al quotidiano La Repubblica dove il sottosegretario ha dichiarato che il governo intende anche ripristinare le vecchie condizioni di opzione donna. Insomma, la volontà politica appare esserci, ma bisogna studiare bene tutti gli scenari di questo paese.
Decreto Lavoro a gennaio: per Durigon è necessario, il Rdc è “fallito”
Il sottosegretario al Ministero del lavoro ha anche dichiarato che il reddito di cittadinanza ha dimostrato che “il sistema è fallito“. Pochissime persone sono state in grado di “ottenere un lavoro con il reddito“, afferma il sottosegretario. Il governo Meloni ha inteso eliminarlo soltanto per chi può effettivamente lavorare.
La sfida quindi non è dare il sussidio, ma il lavoro. Giorgia Meloni l’ha ripetuto molte volte. Secondo il governo le offerte di lavoro non mancano visto che le aziende sono in cerca di almeno 500.000 lavoratori secondo Anpal UnionCamere.
“Il nostro dovere è cercare di fare il possibile per incrociare queste esigenze con i profili dei percettori” – ha affermato Durigon, che ha aggiunto – “Dopodiché vale la regola della Naspi: finita la disoccupazione, bisogna cercarsi un posto“. Le causali imposte dal decreto Dignità sono “troppo restrittive e non esaustive delle esigenze dei singoli settori produttivi”.
Durigon propone di garantire i contratti a termine di 24 mesi e poi, tutto il resto in materia di riforma del lavoro, andrebbe affidata alla contrattazione collettiva: “La proposta mia e della Lega è di prevedere per legge la causalità dei contratti a termine per 24 mesi e poi lasciare alla contrattazione collettiva e aziendale l’estensione fino a 36 mesi. Ne stiamo discutendo. Come pure pensiamo che il decreto Trasparenza sia troppo rigido e burocratico: bisogna snellire le comunicazioni da fare al lavoratore“, ha continuato.
Lo scontro con quanto è stato però votato lo scorso luglio 2022 in Commissione Ue e poi nella Plenaria UE è evidente. Il salario minimo? Non se ne parla o, almeno, non in questo decreto. Durigon precisa infatti che: il salario minimo “non è nel menù di questo decreto. E non abbiamo intenzione di introdurlo per legge. Ma di lasciare spazio anche qui alla contrattazione tra le parti“.
Poi un riferimento all’ultimo report ISTAT che ha certificato come nel 2022 ci siano stati oltre 1000 morti sul lavoro (1006, n.d.r.). Nel 2023 già 7 morti sul lavoro in quattro giorni: “Il 12 gennaio abbiamo un primo tavolo di confronto con le parti sociali. Il tema -ha sottolineato il sottosegretario- è molto caro alla ministra Calderone. Si tratta di un’emergenza sociale: impensabile avere mille morti all’anno. Fa male. Vogliamo capire quali settori hanno bisogno di norme più stringenti. E quali più innovative. L’Inail deve incidere di più“. I vertici di Inps e Inail “sono in scadenza, stiamo valutando” se cambiarli.
Decreto Lavoro a gennaio: vecchia Opzione donna da integrare alla riforma pensioni
Sulla riforma delle pensioni per il 2024, “il 19 gennaio cominceremo a parlarne con i sindacati. Bisogna mettere tutte le vie d’uscita a sistema, intervenire in modo strutturale. Dare certezze ai giovani che hanno buchi di contribuzione in carriera, anche defiscalizzando le aziende che li coprono. Aiutare le donne e madri. E introdurre Quota 41 secca“. Per ora quota 103 sembra una formula ibrida, priva però dei vari paletti: “Ogni paletto riduce platea e spesa: inevitabile, con i saldi a disposizione della manovra. Ma ricordo che la platea della nostra Quota 103 è tre volte quella di Quota 102 del governo Draghi. Il tetto all’assegno fino a 67 anni riguarda stipendi medio-alti che sarebbero rimasti al lavoro in ogni caso, quasi ininfluente“. Sui paletti a Opzione Donna “ricevo tante mail, so che c’è un disagio. Stiamo cercando di trovare coperture per ripristinare i vecchi requisiti di uscita a 58-59 anni senza limiti di figli o altro, almeno per sei mesi. In ogni caso le donne saranno beneficiate dalla riforma complessiva delle pensioni che vogliamo mettere in campo”, ha concluso.