L’annuncio che a breve il Governo approverà un decreto sul tema lavoro sta attirando l’attenzione di quanti si augurano che la promessa di semplificare la legislazione del settore veda finalmente un buon indirizzo di partenza. Per il momento le questioni che saranno affrontate dal provvedimento sono indicate con titoli e lo svolgimento dei diversi capitoli resta ancora nel vago.



La parte che è apparsa un po’ più definita è quella relativa alla manutenzione del Reddito di cittadinanza. Si segue lo schema già annunciato di separare chi ha una situazione di povertà dovuta alla difficoltà lavorativa da chi somma alle difficoltà lavorative altre fragilità. Pare, inoltre, che si introduca un’ulteriore categoria fra famiglie e single con fasce di reddito corrispondenti e percorsi di inserimento lavorativo con supporto al reddito modulati in funzione dei diversi bisogni dei nuclei famigliari.



Sugli altri provvedimenti annunciati si resta per ora al livello di titolo. Sia per i contributi a favore delle assunzioni di giovani e donne che per le misure a sostegno dell’apprendistato e per il capitolo delle semplificazioni non si va molto oltre la semplice indicazione degli obiettivi. Vista, però, l’importanza del provvedimento, ci sentiamo di avanzare qualche parziale suggerimento per rendere il più efficace possibile l’avvio di un percorso di semplificazione.

La “manutenzione” del Reddito di cittadinanza in senso lavoristico avrebbe certamente un impatto più consistente se inserita in una visione unitaria e universalistica delle politiche attive del lavoro. L’aggiunta dei programmi Gil e Gal alla iniziativa di Gol in atto da qualche mese complica invece di chiarire qual è la scelta di un servizio dedicato a sostenere coloro che hanno necessità di trovare lavoro. Servizio che come, per quello dedicato alla salute, dovrebbe riguardare tutti i cittadini e che deve poi articolarsi per capacità di offrire risposte personalizzate.



Come ben illustrato dal recente articolo di Montaletti pochi giorni fa sul Sussidiario abbiamo dati che ci permettono di leggere perfettamente cosa succede sul mercato del lavoro e di definire percorsi personalizzati finalizzati all’inserimento lavorativo. La tendenza è però quella di operare tutti alle tonsille e lasciare fuori tutte le diagnosi più complicate. Il risultato è che riceve meno chi ha più bisogno di sostegno e che i servizi al lavoro non svolgono il compito che dovrebbero assicurare.

La mancanza di un’impostazione unitaria delle politiche attive del lavoro si riflette così anche su altri due provvedimenti utili annunciati. Il primo riguarda la revisione della condizionalità nei rinnovi dei contratti a termine e l’altro è relativo alla revisione dell’apprendistato. Sono iniziative utili che per non andare sprecate devono tenere conto della realtà delle imprese e delle esperienze già fatte. In particolare, per i contratti a termine gli abusi sono concentrati in alcuni settori economici e richiedono misure specifiche per la domanda di flessibilità che alcune professioni richiedono. Solo risposte concrete per problematiche ben definite permettono interventi che tutelino la dignità del lavoro e colpiscano gli abusi oggi diffusi. Diverso è però il caso di larga parte dei settori produttivi dove si può tutelare il contratto a termine con misure economiche o con il ricorso ad agenzie per il lavoro.

Per l’apprendistato si tratta di concentrarsi su quello oggi definito di primo e terzo livello, mentre dovrebbe trovare regole diverse il cosiddetto apprendistato professionalizzante. Diffondere il nuovo modello di formazione duale deve significare la realizzazione di un vero e proprio percorso di formazione parallelo a quello scolastico, con un riconoscimento economico per chi lo frequenta e nello stesso tempo è al lavoro, e che permette di arrivare a competenze riconosciute di livello terziario. Il rapporto tra impresa e centro di formazione è qui fondamentale. Toglie alle prime molto del peso burocratico e garantisce che il rapporto educativo e formativo venga assicurato.

Va differenziato invece un contratto pure a carattere formativo che è però paragonabile a percorsi di upskilling o reskilling per chi ha già un percorso lavorativo. In questo caso il coordinamento delle scelte va operato con il sistema di formazione continua, nell’ambito dell’attuazione di quanto previsto dal Pnrr.

Non serve qui ripetere l’importanza che gli investimenti per la formazione lungo tutto l’arco della vita hanno e avranno sempre più con l’impatto dei processi di digitalizzazione. Già oggi è fondamentale mettere in rete le capacità del sistema di formatori esistente finalizzando i percorsi alle competenze richieste dalle imprese e sempre meno presenti nel nostro mercato del lavoro.

Fondamentale è attivare quel particolare sistema dei fondi interprofessionali che si è formato nel corso degli anni. Dal principale fondo del mondo industriale vengono due richieste assolutamente da recepire nel decreto in via di definizione. In primo luogo, vanno tolti i vincoli degli aiuti di Stato agli investimenti in formazione. È questa la premessa per una politica fiscale che sia poi di sostegno per la diffusione di uno strumento che può coinvolgere tutto il sistema produttivo. Data la particolare necessità di operare grandi investimenti in formazione nei prossimi anni per sostenere la mobilità sul mercato del lavoro sono proprio i fondi interprofessionali, vista l’affidabilità che gli è riconosciuta dalle imprese, che possono fare decollare il sistema di certificazione delle competenze come carta di identità delle competenze professionali acquisite dai lavoratori. Ecco il perché dell’importanza di abilitarli, come perno della rete dei formatori, alla certificazione delle competenze fornite dai loro interventi.

Politiche attive, nuovo apprendistato e politiche per la formazione continua possono essere la base per potenziare le assunzioni di giovani e donne. Più che contributi di tipo generalista visto che le imprese comunque assumono se hanno prospettive di crescita e non per l’esistenza di contributi, le risorse disponibili dovrebbero essere abbinate a percorsi definiti. Meglio una grande campagna a sostegno dell’avvio del sistema duale con abbattimento dei costi e sostegno al proseguo contrattuale che non generici finanziamenti a pioggia.

E last but not least la vera semplificazione attesa è ripensare al rapporto Stato-imprese in cui il primo fornisce i servizi per favorire nascita e vita delle seconde e compie una grande semplificazione attraverso una app con cui svolgere tutte le relazioni necessarie. A latere valutazioni e controlli fattibili on line. Il recupero di semplicità e velocità è fondamentale per sostenere lo sviluppo del nostro sistema produttivo.

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