La Commissione europea ha diffuso ieri le sue previsioni economiche di primavera, che parlano di un crollo del Pil italiano, quest’anno, del 9,5%, superiore quindi all’8% stimato dal Governo nel Def. Il nostro Paese farebbe meglio solamente della Grecia (-9,7%) e il suo deficit salirebbe all’11% del Pil, mentre il debito/Pil arriverebbe al 159%. Numeri che non possono non richiedere che gli interventi del Governo a sostegno dell’economia arrivino nel più breve tempo possibile e siano efficaci. «Le risorse a disposizione vanno opportunamente dosate e indirizzate nel modo migliore per evitare sprechi, che sarebbero tanto più gravi, quanto più grave è la situazione da cui dobbiamo uscire», è il commento di Marco Fortis, Direttore della Fondazione Edison e docente di Economia industriale all’Università Cattolica di Milano.
Nel Governo non sembra esserci ancora chiarezza sugli interventi da adottare e questo sta facendo slittare l’approvazione di un decreto che doveva essere già licenziato prima di Pasqua…
L’impressione è che in questo momento ci sia un braccio di ferro tra chi vuole politiche di erogazione a fondo perduto e chi invece cerca, a mio avviso più giustamente, di concentrare gli sforzi per fare in modo che questi miliardi che sono a disposizione per il rilancio servano a favorire investimenti ed eventualmente anche misure di detassazione, che hanno un carattere più strutturale rispetto alle erogazioni a pioggia. Spero che questo braccio di ferro non faccia prendere una piega di taglio troppo statalista al decreto.
A proposito di statalismo, si sta discutendo molto della possibilità che ci sia un intervento pubblico diretto nel capitale delle imprese. Lei cosa ne pensa?
Una cosa è dare la possibilità, come avviene in altri Paesi, allo Stato di entrare temporaneamente, per quote limitate e con precondizioni già concordate di uscita, nel capitale di imprese medie e grandi di rilevanza per il nostro Paese, sia settoriale che strategica. Un’altra sarebbe invece ipotizzare addirittura l’ingresso dello Stato nel capitale delle Pmi. Non riesco nemmeno a immaginare la difficoltà di gestire questa presenza pubblica in una miriade di imprese.
Le imprese hanno però bisogno di liquidità e il decreto predisposto con questo obiettivo non sembra stia funzionando.
Certamente l’impressione è che la liquidità alle imprese fatichi ad arrivare. Anche i numeri sulle imprese che hanno ricevuto i finanziamenti richiesti mostrano che si tratta di una quota molto piccola delle milioni di aziende italiane. C’è quindi un problema di lentezza nel far pervenire alle imprese quella liquidità che, come Draghi stesso aveva magistralmente sintetizzato nel suo intervento sul Financial Times, è fondamentale per ripartire dopo questa crisi epocale. In altri Paesi le erogazioni sono più rapide: non solo nella tanto citata Svizzera, ma persino in Francia importanti imprese ricevono rapidamente sul proprio conto corrente tranche di finanziamenti, mentre in Italia bisogna fare una fatica non indifferente. In questo contesto è chiaro che bisognerebbe adottare altre misure.
Quali?
Per esempio, sarebbe importante il rilancio dei Confidi. Da un lato, con una maggiore presenza delle banche nel capitale, così da elevare la quota garantita dei finanziamenti. Ovviamente c’è un potenziale conflitto di interesse che però si può superare considerando le banche alla stregua di un semplice socio di capitale minoritario rispetto agli altri soci e privo di ruoli esecutivi, come avviene in Francia. Dall’altro lato, si può pensare a un importante intervento della Cdp, attraverso il fondo rotativo per il sostegno alle imprese, con modalità da meglio definire, per rafforzare il patrimonio di riferimento dei Confidi, che sono molto importanti per garantire un adeguato flusso di finanziamento sui territori. Potrebbero anche loro stessi strutturarsi meglio, magari aggregandosi. Mi lasci poi aggiungere una cosa importante rispetto al tema dei prestiti alle imprese.
Prego.
Questa liquidità che deve arrivare genererà comunque delle conseguenze sulle imprese stesse, perché diventeranno più indebitate, la loro centrale rischi peggiorerà. Tutto ciò farà in prospettiva aumentare i tassi e diminuire la possibilità di ottenere ulteriore credito in futuro. Lo stesso tessuto imprenditoriale deve quindi porsi degli interrogativi e immaginare in questa fase anche un rafforzamento della struttura patrimoniale anche utilizzando eventualmente disponibilità personali degli imprenditori.
Meglio sarebbe se queste operazioni di ripatrimonializzazione fossero incentivate.
Esatto, occorre pensare a politiche fiscali utili a incentivare le società a rafforzarsi patrimonialmente, con vantaggi anche per i sottoscrittori dell’equity e dei bond. Anche l’Ace (Aiuto alla crescita economica) potrebbe rappresentare un tentativo per rafforzare la struttura patrimoniale delle imprese in una fase di questo tipo. Se poi le banche hanno il diritto di chiedere che le imprese si rafforzino patrimonialmente, è giusto che anche le aziende possano pretendere che gli istituti di credito rendano più trasparenti i criteri di attribuzione dei rating interni, perché attualmente la situazione è simile a quella di una nebulosa. Bisogna consentire alle imprese di conoscere e comprendere gli elementi in base ai quali vengono attribuiti i giudizi di merito creditizio.
Cosa si può fare invece per quei settori rimasti fermi e che prevedibilmente faranno più fatica a ripartire? Si dovrebbero mettere in campo degli incentivi anche per loro?
Si sta già immaginando di mettere in campo degli interventi di supporto anche con formule creative, come i voucher vacanze, che altro non sono che formule di incentivazione fiscale per permettere ai consumatori di ritornare a praticare il turismo. Trovo sia giusto muoversi in questa direzione e che si premino anche le aziende che stanno continuando a versare tasse e contributi.
In che modo?
Anziché ipotizzare delle “menzioni” particolari per quelle imprese che non praticano la sospensiva dei pagamenti di imposte e contributi, perché non prevedere per loro un ulteriore incentivo su ammortamenti e super ammortamenti e crediti di imposta sulla ricerca che potrebbero essere potenziati con il varo del prossimo decreto? Uno sforzo in questa direzione potrebbe anche incentivare un aumento degli investimenti delle imprese che contribuiscono fattivamente alla ripresa della domanda interna.
(Lorenzo Torrisi)