Il decreto sicurezza approvato ieri sera dal governo è stato anticipato da molti giornali come una sostanziale retromarcia. Secondo un vecchio proverbio, la montagna avrebbe partorito un topolino: scorporate le norme su violenza di genere e baby gang, ieri è rimasto soltanto il cosiddetto “codice di condotta delle Ong”, che prevede multe e sequestri per le navi che non rispetteranno le nuove norme.



E la chiave di lettura politica è fornita dal Corriere della Sera, che attribuisce l’operazione spacchettamento a una manovra a tenaglia che coinvolge da un lato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano e dall’altro l’asse tra i ministri Tajani e Crosetto. Il tutto benedetto dal Colle. Tradotto, significherebbe che Forza Italia e Fratelli d’Italia si sono mossi per annacquare le misure volute dal “padre” dei decreti sicurezza, cioè Matteo Salvini. Le ragioni ufficiali della frenata sarebbero che non si poteva portare in Consiglio dei ministri un testo con dentro di tutto. Un decreto “omnibus” farebbe tanto indispettire il Quirinale.



Fin qui la versione del Corriere, che si porta dietro altri giornali. Ma c’è qualcosa che non torna in questa ricostruzione mediatica, perché, in realtà, la Meloni in campagna elettorale aveva proposto addirittura il blocco navale, di cui nel provvedimento varato ieri non c’è nemmeno l’ombra. Il decreto non prevede nemmeno conseguenze penali per il proprietario della nave, che corre soltanto il rischio di una multa, sia pure pesantissima: da 10mila a 50mila euro.

Altro aspetto che potrebbe avere inciso sulla decisione di alleggerire il decreto sicurezza è che caricare troppo peso sul provvedimento, cioè inzepparlo di materie diverse benché all’interno del perimetro dell’ordine pubblico, avrebbe probabilmente vanificato l’“urgenza” richiesta dalla Costituzione per un decreto legge. Urgenza che invece risalta da un testo che si concentra sulla gestione dell’emergenza sbarchi. Infine, da ambienti leghisti è stato fatto notare che era stata per prima Giorgia Meloni a parlare tempo fa di un decreto, mentre Salvini non ne aveva mai fatto cenno.



Ora dunque le navi potranno intervenire solo per i soccorsi e dovranno effettuarne soltanto uno alla volta: dopo avere preso a bordo i migranti, l’imbarcazione della Ong dovrà segnalare alle autorità territoriali la posizione e l’avvenuta operazione di salvataggio, e muoversi immediatamente verso il porto più vicino. Per le organizzazioni private viene dunque servito l’antipasto di una linea dura. Il decreto dispone infatti che “il transito e la sosta in territorio nazionale sono comunque garantiti ai soli fini di assicurare il soccorso e l’assistenza a terra delle persone prese a bordo a tutela della loro incolumità”. La violazione comporta una sanzione per comandante, armatore e proprietario: multa e confisca.

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