Si scrive “reclutamento di impiegati”, si legge “insabbiamento della riforma della giustizia”. Si potrebbe commentare, ma sarebbe arbitrario: “primo di una serie di insabbiamenti delle tanto attese riforme”. No, sarebbe davvero arbitrario. Ma la riforma della giustizia è stata concettualmente insabbiata eccome. Vediamo perché.
Ieri il Consiglio dei ministri ha dato il via ad un poderoso piano di reclutamento di nuovo personale statale destinato a collaborare con l’organico esistente per “mettere a terra” i progetti del Pnrr. Ci sono un po’ di norme “minori” e qualche innovazione estetica sulla sfera della digitalizzazione.
Ma la vera bomba è un’altra: il decreto prevede oltre 16mila assunzioni per l’ufficio del processo. Già: personale non togato per i tribunali e le procure italiane. Consideriamo che in uno degli ultimi “censimenti” delle carenze strutturali, il ministero stesso aveva conteggiato i posti scoperti nell’organico degli uffici giudiziari in 8mila unità, pari a circa il 18% di un totale di 44mila. Cos’è successo in questi sette anni? Una morìa di cancellieri? Non risulta. Un fuggi fuggi da prepensionamenti? Nemmeno.
Quel che è certo è che si afferma in questo modo che il male oscuro della giustizia italiana non è nell’organizzazione per bande e per logge del cosiddetto organismo di autogoverno della magistratura, il Csm; non è nell’autoreferenzialità delle Procure, che esercitano la loro “azione penale obbligatoria” quando e come pare a loro e non con un minimo di intellegibile costrutto; non risiede nell’unificazione delle carriere, per cui cane non mangia cane ed anziché sussistere quella sacrosanta distanza che nei Paesi civili c’è tra magistratura inquirente e magistratura giudicante tutti giocano sulla stessa palla colludendo spesso e volentieri; non sta nella mancanza di meritocrazia con cui un ordinamento scellerato ha organizzato le selezioni per esami dei nuovi giudici, concentrandosi nel verificarne la memoria senza minimamente occuparsi della personalità. Niente di tutto questo: se la giustizia penale e civile fa pena, la colpa è del fatto che ci sono poco impiegati. Che bugia vergognosa.
Perché il governo Draghi ha preso questa decisione? Perché sa perfettamente in cuor suo di non avere alcuna chance di fare una vera riforma della magistratura, che giustamente incida la piaga dove va incisa, ovvero sul punto dell’inefficienza e incompetenza e autoreferenzialità delle toghe, ma che questo parlamento di profughi non gli approverebbe mai; e dunque rimpinza di gente gli uffici giudiziari, qualcosa accadrà. Fingendo nel frattempo di fare una riforma vera, che sarà invece una riformicchia brodino di quelle che mettono tutti d’accordo perché sono indolori e inconcludenti.
Intendiamoci: negli uffici giudiziari il personale è insufficiente. Ma che senso ha assumere i rematori prima di decidere se la barca sarà una trireme romana o una gondola?
Ma nell’insieme le scelte di ieri si inseriscono in un solco di buonismo con il mondo pubblico che il tandem Draghi-Brunetta sembra aver scelto non per convinzione – la loro storia rende ridicola l’ipotesi – ma sempre per il famoso realismo. Ciò che non possiamo raddrizzare, usiamolo storto com’è. E poiché la casta dei mandarini burocratici, corazzata da un sindacato ferocemente protettivo, è inscalfibile, di nuovo: teniamoceli buoni e chiediamogli per favore di darci una mano.
Per la cronaca, il bollettino di ieri racconta anche di 350 assunzioni per la rendicontazione finanziaria, 1.000 esperti da attribuire alla regioni per le semplificazioni e 500 addetti alla digitalizzazione. Queste sono assunzioni ovvie. Ma incastrare 22mila persone in tribunali dove non hanno nemmeno le sedie su cui farle sedere, quello francamente è un poco strano. Ma poi: sarà vero che saranno 22mila? E perché non 25mila?
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