La maggior parte degli interventi introdotti a sostegno delle imprese in questo periodo post-Covid si risolvono in crediti di imposta di dubbia efficacia. L’Agenzia delle Entrate ha in questi giorni definito la prima parte delle istruzioni operative utili per fruire delle agevolazioni previste dagli articoli 120 e 125 del decreto rilancio.



Il primo intervento, articolo 120, è titolato “Credito di imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro per il contenimento della diffusione del virus Covid-19” e ha introdotto un credito di imposta del 60% da calcolarsi sulle spese sostenute nel 2020 ponendo un limite massimo di spesa di euro 80 mila per beneficiario. È una norma per certi versi “pericolosa”, perché non avendo un plafond di spesa definito potrebbe, in linea di principio, aprire un buco nel bilancio dello Stato. Qualche anno fa accadde una cosa simile con l’introduzione del credito d’imposta previsto per gli investimenti in aree svantaggiate noto come Tremonti Sud. In quell’occasione si rese necessario inserire a posteriori l’obbligo di un monitoraggio che consentisse ai tecnici del Tesoro di quantificare il peso della agevolazione. In questo caso le istruzioni del Mef hanno previsto la trasmissione di un modello preventivo di comunicazione finalizzato a realizzare il monitoraggio.



Il secondo intervento, articolo 125, è titolato “Credito di imposta per la sanificazione e l’acquisto di dispositivi di protezione”. Questo secondo intervento è un provvedimento destinato a una platea più ampia. Il meccanismo di accesso è molto simile a quello previsto dall’articolo 120, mentre cambia il limite di spesa fissato in 60 mila euro. Merita attenzione la previsione di un limite di spesa, 200 milioni di euro, a carico del bilancio dello Stato.

Ai fini della fruizione di questo secondo credito di imposta non è previsto un click day, ma la trasmissione di un apposito modello con il quale si prenota l’accesso al bonus. Il meccanismo previsto apre un interrogativo che richiama alla mente il click day proposto ad aprile da Invitalia. In quell’occasione il successo fu solo di Invitalia che in un secondo spese i 50 milioni previsti, consentì a 3.150 aziende di ricevere il bonus, ma lasciò senza nulla, anzi con costi amministrativi a proprio carico, 191.025 aziende.



Non è difficile prevedere analogo successo anche in questa occasione, ma mancando un meccanismo di selezione nell’accesso, click day e/o merito, il tutto si risolverà con pochi euro per tanti. Per poter dare qualcosa a tutti, infatti, si dovrà, nell’ambito del plafond di 200 milioni, prevedere un meccanismo di ripartizione, presumibilmente proporzionale, tra i vari richiedenti.

Ci chiediamo perché per questa agevolazione si è previsto un meccanismo di questo tipo, farraginoso e premiante per la burocrazia, mentre quando si è introdotto il super ammortamento, che di fatto è simile nel risultato, si è passati per la dichiarazione dei redditi senza introdurre istanze preventive, ecc. Per il super ammortamento, infatti, per poter godere dell’agevolazione, era prevista una maggiorazione del costo fiscalmente deducibile da inserire solo in dichiarazione.

Da ultimo poi va ricordato che manca la seconda parte delle istruzioni: il codice tributo indispensabile per l’utilizzo in compensazione attraverso il modello F24 dell’agevolazione e le istruzioni per la compilazione del quadro RU presente nella dichiarazione dove va riepilogato, ancora una volta, il beneficio ricevuto e l’utilizzo dello stesso.

Procedere in questo modo rischio di dar ragione ai Paesi frugali che di fatto ci chiedono di attuare riforme che da 20 anni sono sul tavolo e non vengono realizzate.