La gestazione del nuovo decreto per i provvedimenti di sostegno alle imprese e ai redditi delle persone e delle famiglie si sta rivelando più problematica del previsto per via della mole delle risorse mobilitate, per il complesso numeroso degli interventi messi in campo e per i dissidi interni alle forze che sostengono il Governo.
Per la parte dedicata ai sostegni per il reddito delle persone e delle famiglie, possiamo suddividere i provvedimenti (per quello che è dato di sapere dalle ultime bozze) in due ambiti. Il primo rivolto a consolidare in termini di risorse aggiuntive, e di durata temporale, quelli contenuti nel precedente decreto cura Italia per la finalità di assicurare la copertura degli interventi per la fase di transizione verso la completa ripresa delle attività. In questo ambito possiamo collocare l’aumento di ulteriori 5 settimane per l’utilizzo delle casse integrazioni ordinarie e in deroga per i lavoratori dipendenti con la causale dell’emergenza sanitaria, la proroga del divieto dei licenziamenti fino alla fine del mese di agosto, la mensilità aggiuntiva per il bonus di 600 euro riservato per i lavoratori autonomi, professionisti, stagionali e collaboratori (per queste tre ultime categorie con l’implementazione dell’importo fino a 1.000 euro), l’ulteriore prolungamento di 15 giorni per i congedi parentali per i genitori che devono farsi carico dei minori impediti a frequentare le scuole o, in alternativa, il raddoppio del voucher per l’acquisto di servizi babysitter fino a 1.200 euro.
Una seconda gamma di interventi è stata predisposta per cercare di rimediare ad alcune lacune, vere o presunte, del decreto precedente. Introducendo un’indennità di 500 euro per due mesi per le collaboratrici domestiche e badanti non domiciliate presso le famiglie assistite, con l’attivazione dell’annunciato reddito di emergenza (declassificato come contributo per l’emergenza) per un importo dai 400 agli 800 euro mensili in base ai carichi familiari, per due mesi, per le famiglie con un Isee inferiore ai 15.000 euro annuo e non di beneficiarie di altri sussidi.
La sanatoria per gli immigrati irregolarmente presenti nel nostro territorio, oggetto di pesanti polemiche interne alla maggioranza, verrebbe introdotta nella forma di un rilascio di un permesso di soggiorno limitato a 3 mesi in relazione alle domande di assunzione degli interessati inoltrate dai datori di lavoro agricoli, o dalle famiglie per il lavoro domestico, per la regolarizzazione di un rapporto di lavoro. Una modalità che può essere intrapresa dagli stessi immigrati irregolari qualora fossero in grado di esibire una potenziale assunzione da parte di datori di lavoro. Un compromesso, che difficilmente sarà in grado di rispondere agli intenti di assicurare risposte al fabbisogno di manodopera nel settore agricolo, e inevitabilmente destinato a riproporre il tema alla scadenza dei permessi provvisori.
L’insieme dei provvedimenti richiamati mobilitano un importo di coperture finanziarie di poco inferiore alla metà dei 55 miliardi previsti per il complesso dei provvedimenti, che, nei propositi del Governo, dovrebbero coprire in modo esauriente i fabbisogni della fase transitoria in attesa dell’attivazione degli interventi finalizzati a sostenere la ripresa economica, in parte già contenuti nel decreto in questione.
La scelta di consolidare gli interventi già adottati nel precedente provvedimento dovrebbe consentire di ridurre le complicazioni burocratiche, e i tempi di erogazione delle risorse, che hanno generato le polemiche delle scorse settimane. Quella di ampliare ulteriormente la gamma dei sostegni al reddito comporta un’ulteriore, e probabilmente inutile, dispersione di risorse.
Non si comprende, ad esempio, che significato possa avere l’introduzione di un reddito di emergenza, allargando le maglie dei requisiti di accesso rispetto a quelli del reddito di cittadinanza, già in vigore per sostenere le famiglie a basso reddito. Oppure perché duplicare gli interventi di sostegno del lavoro autonomo, prevedendo contemporaneamente l’erogazione di un importante contributo a fondo perduto per gli stessi soggetti, in relazione alle perdite di fatturato che si sono verificate per via delle misure adottate per contenere i contagi. Per non considerare anche la miriade di provvedimenti che per le stesse finalità sono state adottate dalle regioni e dagli enti locali nel corso di un’insana competizione politica rivolta a elargire risorse aumentando i debiti. Queste scelte possono comportare effetti negativi duraturi nel breve e medio periodo in relazione alle vere dinamiche della crisi economica in atto.
Come l’Istituto nazionale di statistica ha recentemente evidenziato, nell’immediato le conseguenze delle misure lockdown si sono scaricate prevalentemente sulla riduzione drastica della produzione (-50%). Assai meno sui redditi delle famiglie (-0,8%), anche per effetto delle misure di sostegno dei redditi adottate. È assai probabile che in questi frangenti, per la concomitante contrazione degli acquisti di beni durevoli e non essenziali, delle spese per i trasporti e per attività ludiche, il risparmio delle famiglie sia persino aumentato. A pagare dazio nella situazione attuale sono le persone disoccupate e prive di opportunità lavorative e quelle sole private di reti relazionali di sostegno.
Gli effetti drammatici della crisi sull’occupazione e sui redditi delle famiglie diventeranno manifesti nei prossimi mesi, quando si dovrà prendere atto dell’impossibilità di assicurare, in tutto o in parte, la continuità delle attività economiche. In quel momento, dopo aver già impegnato e speso un volume di risorse per sussidi superiore a quello impegnato per l’intero periodo dei 5 anni della crisi economica iniziata nel 2008, dovremo far fronte a una crescente domanda di sussidi al reddito per garantire la continuità delle misure adottate, per contrastare la disoccupazione crescente e l’ulteriore impoverimento delle famiglie.
Una crescita incontrollata del debito pubblico e delle misure assistenzialistiche potrebbe comportare esiti nefasti per la nostra comunità. Una deriva parassitaria destinata a distorcere i comportamenti delle persone e l’utilizzo produttivo delle risorse. Il fatto che si promuova una sanatoria, giusta o sbagliata che possa essere, per supplire alle carenze di manodopera, e che nel contempo si preveda per legge di esentare i beneficiari del reddito di cittadinanza dal dovere di accettare le offerte di lavoro, dovrebbe far riflettere.