Decreto Rilancio: “Truffe per 6 miliardi di credito d’imposta”

Milena Gabanelli in un suo articolo per il Corriere della Sera ha lanciato un preoccupante allarme in merito alle truffe relative al Decreto Rilancio, che ammonterebbero a circa 6 miliari di euro, rimessi dallo stato per finanziare, in moltissimi casi, lavori di rifacimento inesistenti o sovrastimati. 6 miliardi, inoltre, sarebbero solamente relativi ai crediti fiscali illegittimi, mentre se si vanno a considerare anche le truffe sulle fatture gonfiate si parla di altri 10 miliardi.



Il Decreto Rilancio è stato approvato nel e prevedeva sconti relativi agli affitti non residenziali, al bonus facciata e al bonus sisma per rilanciare l’economia dopo l’emergenza coronavirus. Il decreto prevedeva un credito d’imposta pari al 60% dei canoni di locazione per gli immobili commerciali ed una cifra compresa tra l’80 e il 90% per i lavori di rifacimento facciata e di adeguamento sismico. Il meccanismo della truffa relativa al Decreto Rilancio, però, sarebbe scattato grazie (o a causa) della postilla che permette di girare ad un numero infinito di soggetti il credito d’imposta, detraibile dalle tasse.



Come funzionano le truffe sul Decreto Rilancio

Il Decreto Rilancio, occorre sottolinearlo, anche se ha generate truffe per oltre 6 miliardi di euro, serviva a far ripartire l’economia in un periodo di stallo dovuto alla pandemia. Già in occasione della sua approvazione, il 9 luglio 2020, la Ragioneria dello Stato aveva avvertito che permettere infinite cessioni del credito d’imposta avrebbe potuto creare un’economia parallela e fittizia, circostanza sottolineata anche dall’Agenzia delle Entrate. Si decise, però, a quanto sottolinea Gabanelli nel suo articolo, di procedere solamente ad una verifica successiva, in caso di necessità.



Il meccanismo delle truffe sul Decreto Rilancio è piuttosto semplice. Si parte da due aziende, spesso intestate agli stessi soggetti o a presta nome, che emettono l’una sull’altra fatture per affitti o lavori inclusi nel decreto, ed entrambe maturano credito d’imposta. A questo punto, lo stesso credito maturato (che potrebbe andare a detrarre le tasse, oppure essere ceduto ad altri soggetti) viene spacchettato, maggiorato illegittimamente e ceduto ad altri soggetti. Questi ultimi, che Gabanelli dice essere in larga parte nullatenenti, in modo che la legge non possa rivalersi su di loro, vendono il credito alle Poste o alla Cassa Depositi e Prestiti, maturando un guadagno che viene immediatamente depositato in un paradiso fiscale.

Decreto Rilancio: chi paga per le truffe?

Insomma, grazie alla possibilità di cedere il credito d’imposta relativo ad affitti e lavori di rifacimento facciate o adeguamento sismico, si è generato un sottobosco economico di truffe relative al Decreto Rilancio. La domanda che si pone Gabanelli nel suo articolo è chiara, si poteva evitare? E la risposta è scontata, ovviamente si. L’ha fatto Mario Draghi a novembre del 2021, imponendo all’Agenzia delle Entrate un controllo sulla cessione dei crediti, limitandoli anche a 4 passaggi massimi. Questo ha aiutato, nel 2022, a sventare tentativi di truffa per 2 miliardi di euro.

Una soluzione necessaria, che sicuramente sarebbe dovuta arrivare prima per limitare le truffe sul Decreto Rilancio, ma che sta ottenendo dei buoni risultati. E nel frattempo, Poste e CdP che hanno acquistato crediti d’imposta truffaldini, agendo in buona fede, chiedono allo Stato dei rimborsi per le tasse che non potranno compensare. E, seppur lo Stato non voglia pagare e si è aperto un iter legale in merito, comunque vada a finire, conclude Gabanelli, sarà lo Stato stesso a rimetterci, controllando al 60% Poste Italiane e al 83% CdP.