Chi evade le tasse non potrà certo aspettarsi di usufruire del fondo ristoro. Il decreto Ristori non lo dice in maniera esplicita, ma lo fa capire quando precisa che il contributo a fondo perduto si riceve se l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi ad aprile 2020 è inferiore a due terzi di quello di aprile 2019. In altre parole, il fatturato dichiarato deve essere inferiore al 66% di quello dell’anno precedente. Considerando il problema dell’evasione fiscale in Italia, in questo modo non si alimenta quello che è a tutti gli effetti un circolo vizioso. C’è però un’altra questione che va evidenziata e che non è affatto trascurabile. Le aziende che non hanno subito un calo del 66% del fatturato sono fuori dai “giochi”. Se nell’aprile 2019 ho dichiarato “10” e nell’aprile 2020 ho dichiarato “5”, ho subito un calo importante, pari al 50%, ma non è inferiore ai due terzi, pertanto non si ha diritto al contributo a fondo perduto. Ma questa non è neppure l’unica osservazione che viene mossa contro il Governo in merito al decreto Ristori.
DECRETO RISTORI, “TROPPE LACUNE E DIMENTICANZE”
Ci sono molti dubbi, in particolare dalle associazioni di categoria, riguardo al fatto che i soldi stanziati per i contributi a fondo perduto possano mitigare la rabbia di ristoratori, commercianti, gestori di bar delle zone rosse, destinati a chiudere per almeno due settimane. I sindacati hanno rilevato, inoltre, lacune e carenze nel dl Ristori in esame al Senato, quindi hanno chiesto più interventi per lavoratori e famiglie. Tania Sacchetti, segretario confederale Cgil, ad esempio in audizione davanti alle commissioni Bilancio e Finanze al Senato ha evidenziato che il provvedimento esclude dalle indennità lavoratori come i somministratori del turismo, collaboratori autonomi occasioni non iscritti alla gestione separata, alcuni co.co.co, gli atipici e alcuni autonomi dello spettacolo. Parla di «dimenticanze» anche Marco Massera, segretario confederale Uil, mentre l’Ugl definisce il decreto Ristori «una risposta debole ai dpcm». I rappresentanti di Confesercenti invece ritengono che i contributi debbano essere proporzionati. «Ci sono attività che non sono state inserite e non riceveranno i ristori anche se hanno subito le conseguenze delle restrizioni». Il riferimento è al comparto hotel, ristorazione, catering e filiera wedding, insieme a imprese in ingrosso e agenti di commercio che non rientrano nei codici Ateco.