Il Governo ha varato il Decreto ristori per garantire alle circa 350.000 imprese oggetto delle nuove restrizioni alle attività contenuto nell’ultimo Dpcm contributi a fondo perduto che potranno essere anche quattro volte superiori rispetto alla cifra ricevuta dopo il lockdown generalizzato di primavera con un tetto massimo di 150.000 euro. Le attività che avevano già presentato domanda riceveranno automaticamente sul conto corrente l’importo spettante entro il 15 novembre, mentre per le nuove istanze si dovrà attendere un ulteriore mese. Per questi ristori l’esecutivo ha stanziato 5,4 miliardi di euro e Giuseppe Conte, durante la conferenza stampa, ha tenuto a evidenziare di aver firmato il Dpcm all’una notte di notte di domenica solamente dopo essere stato sicuro che c’erano queste risorse disponibili. Basteranno a compensare le attività penalizzate? Inoltre, era così difficile reperire le coperture per i ristori? «Questi interventi di sostegno sono rivolti a categorie che sono già in uno stato di stress economico-finanziario significativo, una situazione peggiore rispetto a quella relativa agli aiuti che sono stati stanziati dopo lo scorso marzo», evidenzia per prima cosa Domenico Lombardi, ex consigliere economico del Fmi.

Perché?

In primavera il Governo era intervenuto per fronteggiare situazioni di difficoltà rispetto a un passato “normale”, mentre ora i ristori riguardano categorie che hanno sulle spalle mesi di domanda inferiore rispetto a quella che si sarebbe materializzata in assenza di pandemia, cui vanno aggiunti gli oneri dovuti alla necessità di attrezzarsi per esercitare la propria attività nel rispetto delle misure prescritte per limitare i contagi. L’esigenza di fornire gli aiuti a queste categorie in tempi rapidi è ancora più saliente perché hanno già sopportato i gravi ritardi delle precedenti erogazioni e ora sono meno in grado di far fronte a ulteriori ritardi.

Il Governo prevede di far arrivare i contributi già nella prima metà di novembre.

Speriamo che questi tempi possano essere rispettati. In ogni caso è importante non solo la velocità di erogazione, ma anche l’importo del sostegno, perché è da diversi mesi che queste categorie sono penalizzate rispetto ad altre che per diverse ragioni sono riuscite a contenere gli effetti onerosi della pandemia. Di fatto questo lockdown selettivo sta accentuando un’asimmetria già emersa nei mesi scorsi: alcune categorie sono chiamate a dover sopportare più di altre il peso dell’emergenza pandemica. Oggi devono anche scontare un’incertezza che rischia di penalizzarle ben oltre i mancati guadagni dovuti alla chiusura. Gli stop-and-go tendono a penalizzare l’attività imprenditoriale ed economica anche per l’incertezza stessa che generano. È un aspetto da tener presente, insieme ad altri.

Quali?

Innanzitutto, che si sarebbe dovuto evitare di dover arrivare a nuove decisioni restrittive che hanno effetti significativamente penalizzanti per le categorie economiche. Inoltre, l’emergenza pandemica sta accrescendo le asimmetrie fra le diverse categorie, non solo, per esempio tra i dipendenti pubblici e i lavoratori autonomi, ma anche tra quest’ultimi viste le ultime misure adottate. È quindi importante che si agisca per smussare in qualche modo queste asimmetrie, altrimenti si rischia di compromettere una buona parte del tessuto economico e produttivo del Paese, che va salvaguardato con tutti gli sforzi. Infine, non si può non citare un aspetto che era già importante all’inizio dello scoppio della pandemia, ma su cui non ci si è mossi.

A che cosa fa riferimento?

Si sapeva che l’emergenza pandemica avrebbe comportato uno sforzo finanziario enorme e quindi occorreva muoversi per attivare più fonti di finanziamento. In questo senso avevo proposto insieme all’ex segretario al Tesoro britannico Jim O’Neill l’emissione di Diritti speciali di prelievo da parte del Fmi, che sarebbero risultati utili, essendo una fonte di finanziamento a costo nullo e senza alcuna condizionalità, aggiuntiva rispetto alle risorse europee che, al di là dei fondi Sure, si andranno a materializzare con un significativo lag temporale.

Oggi ci sono fonti alternative rispetto ai fondi europei?

C’è un pingue saldo di tesoreria che rappresenta un deposito con un tasso oneroso di cui abbiamo già parlato e che poteva essere usato per fornire sostegno ad alcune categorie provate anziché restare infruttifero. Inoltre, come confermato dalla recente decisione di Standard & Poor’s che ha migliorato l’outlook sul nostro debito da negativo a stabile, l’Italia ha una capacità di raccolta e rifinanziamento sui mercati finanziari che può utilizzare nel modo più efficace per far fronte alle esigenze di finanziamento dell’economia, che è in affanno, fiaccata in modo significativo dall’emergenza coronavirus.

Come si spiega la decisione di Standard & Poor’s che ha sorpreso non pochi analisti?

In effetti la decisione è arrivata un po’ a sorpresa pensando alla fragilità dei fondamentali dell’Italia e al livello di debito/Pil raggiunto a causa della pandemia. S&P ha motivato la sua scelta sulla base di tre elementi: il sostegno dato dalla Bce, che dobbiamo considerare comunque temporaneo; le riforme strutturali che l’Italia si appresta a fare, anche se sarebbe necessario un chiarimento per capire a quali provvedimenti si riferisca l’agenzia di rating; i fondi europei, che comunque richiederanno nel complesso dei tempi di erogazione non brevi. Il dato importante in ogni caso è che di questa decisione l’Italia beneficia in un momento molto particolare e viene rafforzata la capacità del Governo di fornire ristoro e di compensare la situazione di grande stress in cui si trovano tante piccole imprese.

Piuttosto che dirottare risorse da alcune voci ai ristori conviene quindi emettere nuovo debito?

Dato il livello già significativo del rapporto debito/Pil è sempre bene muoversi con cautela su questo fronte. Quello che si può senz’altro fare è utilizzare, prima di tutto, le risorse che già si hanno in modo molto più efficiente, assicurandosi che vengano immediatamente messe in circolo, e non solo stanziate, anche ottimizzando i saldi di cassa. L’Italia, data la vulnerabilità della sua economia, non può permettersi che tali saldi siano elevati, a maggior ragione quando la sua capacità di finanziarsi sul mercato è estremamente soddisfacente rispetto al recente passato.

(Lorenzo Torrisi)