È in arrivo il Decreto “Ristori quinquies” e si spera vivamente che il Governo si ricordi delle tante oggettive difficoltà economiche che stanno affrontando i professionisti, con particolare riguardo agli avvocati. Se è vero che, da un lato, l’offerta di servizi legali non rientra nelle attività soggette a restrizioni, è pur vero che nella prassi le restrizioni ci sono e diventano ogni giorno sempre più pregnanti. Infatti ogni giorno assistiamo a una riduzione del numero di udienze per evitare assembramenti in uffici giudiziari spesso inadeguati, quando non addirittura fatiscenti. Meno udienze significano rinvii sempre più lontani nel tempo.



Sono previsti, poi, accessi sempre meno numerosi alle cancellerie e, quando sono consentiti, lo sono solo su prenotazione, talvolta con date lontane nel tempo.

Infine, si riduce sempre di più la clientela che si reca negli studi professionali a chiedere il supporto di un legale, sia a causa delle restrizioni alla mobilità delle persone, sia a causa di un comprensibile rinvio delle questioni di giustizia percepite, anche da chi le pone, come meno urgenti di quelle sanitarie con uno spaventoso crollo del contenzioso.



Tutto ciò causa una riduzione degli onorari nel medio e nel lungo periodo. Gli effetti della pandemia sulle casse degli studi professionali si vedranno ancora per molto tempo.

In un periodo emergenziale così complesso, ne risentono soprattutto i tanti giovani che stanno avviando uno studio legale, che svolgono attività di udienza su delega e chi, tra i praticanti, sogna di diventare un avvocato. Ma solo di un sogno si tratterà almeno fino alla primavera 2021, vista la scellerata decisione del ministro della Giustizia di rimandare l’esame di avvocato anziché consentire un orale abilitante, come ho avuto modo di argomentare in un precedente articolo.



Inoltre, gli avvocati stanno lavorando con il freno tirato e, per di più, con il rischio elevato di contrarre il virus nonostante le misure restrittive anti-Covid messe in atto. Infatti i tribunali e gli uffici giudiziari sono spesso inadeguati a garantire un sufficiente distanziamento sociale.

Ciò che serve al più presto è un’indennità che possa dare un vero sollievo ai tanti avvocati che stanno avendo forti difficoltà organizzative ed economiche. Ed è proprio su questo che vorrei portare la riflessione del Governo e di coloro che stanno lavorando al decreto. Credo, infatti, che alcuni errori che appaiono da alcune anticipazioni di stampa sul decreto Ristori Quinquies si possano evitare semplicemente con un po’ di buon senso.

Sarebbe inadeguato, ad esempio, se non azzardato, pensare a un’indennità che venga erogata solo in base a un calo di fatturato del professionista rispetto all’anno precedente. Ciò perché in una professione come la nostra, la perdita del fatturato non è rilevabile oggi, mentre l’emergenza è in corso, ma sarà tangibile tra qualche mese, se non fra qualche anno. Mi spiego meglio. Se oggi incasso un onorario per aver vinto una causa, è perché ho lavorato in passato: la discrasia fra attività svolta ed effettivo incasso degli onorari è un fenomeno connaturato con la professione legale. Solo dopo diversi anni ottengo ciò per cui ho lavorato. Sì, poiché in Italia si parla di anni, non di mesi, visti i tempi biblici della giustizia. Adesso l’avvocatura va avanti, ma con uno scorrere dei tempi talmente lento che il disastro economico è preannunciato e sarà sempre più tangibile in futuro.

Per questo, sarebbe opportuno che i ristori fossero dati agli avvocati in somma fissa, poiché è certo che tutti subiranno l’effetto Covid sulle loro casse. E che questi aiuti siano dati a fondo perduto, magari siano spalmati anche negli anni a venire, ad esempio sotto forma di credito d’imposta, quando gli effetti economici sulle casse degli studi professionali si faranno sentire più forti. In quel caso, veramente, si può adottare il criterio reddituale.

È ora che il governo si svegli. È ora di dare un segnale forte all’avvocatura e di dare una mano a chi si batte per la difesa dei diritti dei cittadini. È ora di dare una mano a chi con tante difficoltà continua ad andare avanti e a non arrendersi mai perché, se si calpesta l’avvocatura, si calpestano i cittadini e i loro diritti.