È quasi un remake – in peggio – del Consiglio dei ministri notturno con cui esattamente una settimana fa il governo Conte 2 aveva proclamato il “tutti a casa” nazionale: alle 23,59 della domenica 15 marzo più buia degli ultimi decenni, il Consiglio che avrebbe dovuto promulgare il decreto con le provvidenze per la sanità e gli aiuti ad imprese e lavoratori è stato rinviato a stamane e non si fanno pronostici sulla sua conclusione. Mentre i pronostici che si fanno sui suoi contenuti fanno piangere.



Di sicuro c’è che la scadenza dei versamenti fiscali del 16 marzo è sospesa: non che la norma sia stata ufficializzata, ma è certa. S’era portato avanti con un comunicato stampa il ministero dell’Economia, venerdì alle 18.40, per annunciare che sarebbero stati “prorogati i termini dei versamenti fiscali del 16 marzo, nuove scadenze e sospensioni in prossimo decreto legge”. 



Una specie di anticipazione legislativa via ufficio stampa. Atipico.

Di fatti il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha scelto poche ore fa la platea di Raidue, collegandosi con “Che tempo che fa” per confermare che il decreto in fabbricazione avrebbe contenuto una sospensione delle scadenze fiscali e il potenziamento della cassa integrazione per evitare la perdita di posti di lavoro: “Stiamo finalizzando il decreto, è un lavoro molto complesso”, ha detto Gualtieri a Fazio, aggiungendo che “arriveremo forse ad utilizzare tutti i 25 miliardi in dotazione per l’emergenza. Era necessaria una risposta forte”. 



E ha anche confermato: “Sono poi rimandate tutte le scadenze fiscali fino a venerdì per tutti e il decreto definirà le modalità e le tipologie delle proroghe successive”. Incredibile: per non sapere decidere, si vara una proroghicchia di cinque giorni! Quasi un vilipendio al contribuente.

Poi, quasi schermendosi, il ministro ha aggiunto che “quanto invece alle misure di ristoro, arriveranno con un altro provvedimento”. Oltre alla sospensione delle scadenze fiscali, c’è anche “un potenziamento senza precedenti della Cassa integrazione, per far sì che nessuno perda il proprio lavoro”. Meno male, vedremo. 

Infine, la bomba: “Chi ha possibilità di pagare lo faccia perché sono risorse preziose per il nostro bilancio e per il servizio sanitario nazionale”. Chiaro? Gualtieri ha avuto il coraggio intellettuale di correlare direttamente i pagamenti di questi giorni con le spese sanitarie! È una scelta abbastanza incredibile.

È chiaro? Questa che speriamo sia solo una battuta sbagliata non solo scarica sui contribuenti incapaci di pagare la responsabilità morale di eventuali ammanchi nella spesa sanitaria, ma rivela che il governo pensa di finanziare i sostegni con le tasse! Che è una bufala di proporzioni cosmiche. Ovvio che prima o poi se si fa più deficit bisognerà ripagarlo: ma questo è il momento della spesa, resa necessaria dal crollo dei redditi producibili, quasi allo zero in molti settori!

Di più: in una bozza del decreto circolata dopo il preconsiglio dei ministri si scorge una chicca. È scritto – ma chissà quale bozza sarà, spinta da quale partito o da qualche correntina – che i contributi non versati nei mesi di marzo, aprile e maggio andranno poi saldati in cinque rate entro l’anno. Chiaro? Preoccupandosi di far pagare tutto entro l’esercizio in corso, il governo dà un ulteriore, evidente segnale che non sta pensando minimamente di poter fare l’unica cosa da fare, cioè molto deficit pubblico in più sull’esercizio di bilancio in corso, come invece stanno predisponendosi a fare e faranno tutti gli altri Paesi colpiti dal virus, per poi ripagare tutto all’indomani della fine dell’emergenza epidemica ma non certo nello stesso esercizio degli sgravi…

Salire dal 2,2 programmato al 5% nel rapporto deficit/Pil – ad esempio – significherebbe per il governo mobiliare 50 miliardi in più: un’inezia, rispetto al rischio che sia il Pil a crollare del 3 o secondo i più pessimisti anche del 6% quest’anno, per la batosta del virus. 

Ma dopo tanti anni dedicati a controfirmare le altrui decisioni in Europa, com’è accaduto al pur onesto ministro Gualtieri, e dopo neanche un mese dedicato alla politica di alto governo, come nel caso del premier Conte, difficile stupirsi che decisioni impegnative appaiano fuori portata. A loro come persone, però, appaiono fuori portata: perché non lo sarebbero per l’Azienda Italia, se ritrovasse una guida all’altezza. Meno male che c’è l’Europa, si potrebbe dire, da europeisti convinti: in fondo la Commissione ha annunciato la sospensione del Patto di stabilità. Già: contando però sui mercati per stangare i Paesi membri che dovessero realmente approfittarne, attaccandoli sul piano dello spread. Dove la vigilanza della Banca Centrale Europea, così potente come il “whatever it takes” di Draghi dimostrò a suo tempo, stavolta non vuol scattare. 

E intanto negli Stati Uniti del pur recalcitrante Trump, con solo 2800 contagi e 58 morti, la Fed ha stanziato 700 miliardi di Quantitative easing e ha azzerato i tassi. Non c’è gara, non c’è confronto.

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