È stata accolta con una certa soddisfazione dai media (in particolare quelli specialistici, ma non solo) la notizia che il Governo e la Conferenza Stato-Regioni hanno approvato il cosiddetto “Decreto tariffe”, cioè il provvedimento che ha attribuito una tariffa alle prestazioni ambulatoriali e protesiche che fanno parte dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) approvati nel 2017 (Dpcm 12.1.2017: “Definizione e aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) di cui all’Articolo 1, Comma 7, del Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502”).



È una buona notizia? Per rispondere a questa domanda e volendo essere sincero, credo si dovrebbe utilizzare l’espressione “piuttosto che niente è meglio piuttosto”, e siccome non lo dico per fare il bastian contrario o perché non condivido l’entusiasmo di molti, può essere utile una (breve) discussione della materia.



Cominciamo dal buono (cioè il “piuttosto”). Il decreto approvato è un atto necessario, ed era atteso dal 2017, perché senza di esso era privo di efficacia pratica il citato decreto che aveva aggiornato i LEA: senza la adozione di un tariffario mancava la base per erogare sotto l’ombrello del SSN le nuove prestazioni introdotte. Non solo: poiché il precedente tariffario (nomenclatore) delle prestazioni ambulatoriali risaliva al 1996 e quello delle protesi al 1999 è evidente che un aggiornamento delle tariffe era necessario e dovuto. Alla luce del nuovo decreto, che entrerà in vigore al 30 dicembre 2024, nel nuovo nomenclatore delle prestazioni ambulatoriali ci sono circa 400 prestazioni in più (si passa da 1.700 a 2.100), anche se non tutte sono effettivamente prestazioni nuove (alcune sono solo specificazioni o diverse descrizioni di prestazioni già presenti nel 1996). Analogamente, con numeri diversi, per il nomenclatore della protesica.



Per grandi categorie le prestazioni nuove riguardano: prestazioni diagnostiche e terapeutiche avanzate (esempio: alcune forme di radioterapia e terapie biologiche in precedenza considerate sperimentali o erogabili solo in regime di ricovero); visite specialistiche e diagnostica per immagini (vengono dettagliate le discipline coinvolte e specificati i segmenti corporei); alcune procedure legate all’intervento di cataratta ed altre prestazioni oculistiche; la procreazione medicalmente assistita; l’ampliamento e l’aggiornamento dell’elenco delle ortesi e delle protesi; la reintroduzione della fotoferesi extracorporea; ed altri particolari che sarebbe lungo elencare.

Molte regioni avevano già, in modo diverso, sistemato i propri tariffari, anche se non tutte con lo stesso livello di completezza (e sicuramente con differenti tariffe), per cui in realtà il provvedimento viene in aiuto di tutte quelle regioni che per motivi diversi in questi anni sono state più restie ad intervenire oppure non sono per nulla intervenute ad aggiornare i propri nomenclatori tariffari.

Se questo è il “piuttosto” vediamo cosa è il “niente”, sorvolando su argomenti interessanti ma troppo tecnici (perché tariffe massime? come sono state determinate? cosa possono fare le regioni? quale è l’impatto economico reale del provvedimento? …) e sulle ovvie critiche dei tanti che avrebbero voluto tariffe diverse (o meglio, più elevate).

Le prestazioni ambulatoriali e protesiche sono erogate in regime cosiddetto di “pagamento a prestazione”: ogni prestazione ha un prezzo (tariffa) che viene rimborsato all’erogatore in parte dal cittadino (tramite il ticket, esclusi gli esenti) ed in parte dalla regione con i fondi a lei assegnati dal Fondo Sanitario Nazionale (FSN). Su questo schema generale si inseriscono però due elementi, uno per l’erogatore pubblico e l’altro per l’erogatore privato accreditato.

Per il pubblico. A prescindere dalle attività erogate, il finanziamento dell’erogatore pubblico dipende fortemente dalle risorse messe a disposizione della regione dal FSN e dalle politiche programmatorie (sul lato economico-finanziario), compreso l’eventuale ripiano del deficit delle singole strutture, adottate dalle singole regioni. La tariffa, quindi, per l’erogatore pubblico non agisce come un vero prezzo di vendita di una prestazione (a parte per il calcolo del ticket) e senza la modifica degli elementi accennati un cambio di tariffa delle prestazioni non ha nessuna incidenza, salvo per l’erogazione di nuove prestazioni che prima non erano LEA e per la sensazione che si avrà di agire con tariffe aggiornate (adeguate o non adeguate che siano).

Per il privato accreditato (cioè quello che agisce per conto del SSN). Qui le cose cambiano, perché (a prescindere dalla valutazione di merito sulla adeguatezza delle tariffe deliberate) la tariffa agisce invece come un prezzo vero di vendita di una singola attività, attività che però nel complesso sono soggette ad un vero e proprio confine economico (tetto, budget, limite di erogazione, …, nelle diverse modalità e forme stabilite dalle singole regioni) non superabile. Ne consegue che se si alza la tariffa ma non si muove il tetto, non solo l’erogatore privato erogherà per forza meno prestazioni (visto che il tetto è la somma dei prodotti tra le tariffe ed il numero di prestazioni) ma si può correre il rischio che per raggiungere il tetto vengano selezionate per l’erogazione solo (o prevalentemente) le prestazioni più remunerative (cioè dove è maggiore il divario tra prezzo e costo di erogazione).

E per il cittadino cosa cambia? Praticamente nulla dal punto di vista economico (a meno che vengano sostanzialmente modificate le regole per il calcolo del ticket), ma avrà di sicuro a disposizione un’offerta minore (e magari anche selezionata) di prestazioni da parte del privato accreditato. Inoltre, poiché le nuove tariffe faranno da base per lo scambio economico delle prestazioni erogate in mobilità (cioè usufruite dal cittadino in regione diversa da quella di residenza) ne consegue che aumenterà il volume economico delle risorse trasferite tra le regioni, a danno di quelle che hanno mobilità elevata (quelle del Sud, in genere) ed a vantaggio di quelle che, viceversa, risultano attrattive (Emilia-Romagna, Lombardia, etc.).

Morale. Si è trattato di un atto amministrativo necessario (e atteso da sette anni: ma perché non è stato approvato prima dai governi che si sono succeduti dopo il 2017?) per far diventare Livello Essenziale di Assistenza le nuove prestazioni elencate nel Dpcm 12.1.2017 che ha aggiornato i LEA. Se però non saranno aumentati, dal governo e dalle regioni, i fondi previsti per protesi e prestazioni ambulatoriali e se non saranno rivisti i tetti per gli erogatori privati accreditati, al di là di un (inutile, a parere di chi scrive) dibattito sull’adeguatezza o meno delle nuove tariffe il risultato netto sarà solo un ulteriore svantaggio per il cittadino, che non troverà alcun beneficio nell’erogatore pubblico a seguito dell’adozione delle nuove tariffe, mentre vedrà diminuita (e magari anche più selezionata) l’offerta di prestazioni che l’erogatore privato accreditato metterà a disposizione.

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