È stato da poco approvato dal governo il DEF (Documento di Economia e Finanza) per l’anno 2024, e tra i tanti contenuti che lo caratterizzano non poteva mancare il capitolo sanitario. Cosa prevede il Governo per il servizio sanitario? Verso quali capitoli di spesa dovranno essere indirizzate le risorse messe a disposizione?



Proviamo a districarci nella grande quantità di numeri che tipicamente sono presenti in un provvedimento come il DEF e cerchiamo di cogliere i messaggi che manda al comparto sanitario, non dimenticando però che la sanità non è una monade che brilla di luce propria, ma vive nel contesto complessivo del nostro Paese per il quale le proiezioni aggiornate proposte nel DEF, dice la “Premessa” al documento, “si connotano per il requisito della prudenza”, che tradotto per i non addetti ai lavori significa che il quadro macroeconomico è pensato “con una leggera revisione al ribasso rispetto alle previsioni di crescita presentate lo scorso settembre”.



Come premessa, detto in altre parole, non butta bene, ma per non mettere il carro davanti ai buoi proviamo a guardare i numeri che vengono proposti, a cominciare da quelli più grandi.

Il DEF dà innanzitutto conto della spesa sanitaria del 2023 che è risultata di 131.119 milioni di euro (ridotta dello 0,4% rispetto al 2022): di questi, 40.073 mln sono andati al personale (-1,8% sul 2022), 44.356 mln ai cosiddetti consumi intermedi (+0,3%, ma con un robusto incremento tutto attribuibile ai prodotti farmaceutici, perché gli altri consumi intermedi presentano una riduzione del 5%), 46.690 mln per il resto tra cui si segnalano 7.563 mln per l’assistenza farmaceutica convenzionata (+0,3%) e 6.579 mln per l’assistenza medico-generica da convenzione (-2,8%).



Complessivamente la spesa sanitaria è passata da 122.679 mln di euro del 2020 (7,4% del Pil) a 131.119 del 2023 (6,3% del Pil), con un aumento del 6,9%.

Per l’anno 2024 il DEF prevede una spesa sanitaria di 138.776 milioni di euro, in crescita del 5,8% rispetto all’anno precedente: considerato che nei tre anni precedenti l’aumento di spesa era stato del 2,3% annuo e che il Pil è previsto in crescita del 1%, verrebbe quasi da dire che sarà un anno “di grassa” per la sanità. In realtà, l’analisi dei dettagli raffredda subito i bollenti spiriti. Perché?

La spesa per il personale arriverà a 43.968 mln di euro, con un aumento di quasi il 10%; i consumi intermedi arriveranno a 45.639 mln (+2,9%) ma l’incremento è quasi tutto dovuto ai prodotti farmaceutici (+7,1%); il resto della spesa salirà a 49.169 mln (+5,3%), con un aumento del 4,7% della spesa farmaceutica e soprattutto del 14% della assistenza medica in convenzione.

Se si eccettua quindi qualche soldo presente nel “resto della spesa”, e che può essere utilizzato per gli interventi legati al PNRR ed al governo dei tempi di attesa, la quasi totalità degli aumenti previsti interessa solo il personale e la farmaceutica: per carità, niente da dire su questi due aumenti, ma non è certo quello che le ripetute lamentele del comparto si attendevano come risposta dal Governo.

Uno sguardo più approfondito ai dettagli rivela però che gran parte delle variazioni di spesa (in meno nel 2023 o in più nel 2024) sono conseguenza di spese che si riferiscono ad accordi che riguardano anni precedenti (esempio: rinnovo del contratto 2019-2021) o allo spostamento sul 2024 di spese che in precedenza ricadevano sul 2023.

E siamo solo alle previsioni per il 2024; infatti ulteriori segnali di preoccupazione emergono se si guarda alle previsioni per il triennio successivo (2025-2027). Secondo il DEF la spesa sanitaria nel 2027 arriverà a 147.420 mln di euro, con un aumento medio annuo del 2,1%, a fronte di un Pil che nello stesso arco temporale è previsto aumentare del 3,1% annuo. Ne consegue che il rapporto tra spesa sanitaria e Pil, che valeva 6,29% nel 2023 e passa al 6,42% nel 2024, scenderà piano piano nel triennio successivo e si assesterà (secondo le previsioni del DEF) al 6,23% nel 2027. Ci sarà quindi una maggiore spesa assoluta per la sanità nei prossimi anni, ma questa maggiore spesa assoluta è espressione di una minore propensione a mettere risorse in sanità.

Vi è da aggiungere che tutte queste cifre, oltre tutto, non tengono conto dell’inflazione, con la ovvia conseguenza che (essendo l’inflazione superiore a zero) una parte dell’aumento di risorse è bruciato proprio dall’effetto inflattivo.

È vero che si tratta di previsioni, di proiezioni che possono essere modificate in meglio o in peggio col passare del tempo, ma si tratta di previsioni che indicano una tendenza e mandano un segnale: se la sanità si aspettava un premio da questo DEF, una maggiore considerazione per i propri problemi, la risposta che ha ricevuto è quella di una strada diversa, caratterizzata da una parte da una minore propensione del Governo a dedicare risorse in sanità, e dall’altra a segnalare che le risorse in più messe a disposizione devono essere tutte (o quasi) indirizzate a temperare il problema del personale e quello dei consumi farmaceutici. Per tutto il resto, ammesso che ci sia un resto, ci sono solo poche briciole.

Se consideriamo il dibattito che in questi giorni si è sviluppato a partire, in particolare ma non solo, dal documento-appello dei 14 scienziati e che ha portato ad una generale richiesta di più fondi per la sanità, questo DEF si può brutalmente tradurre con la frase “accontentatevi di quello che c’è”. Insomma, detto altrimenti, non c’è trippa per gatti.

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