L’Etiopia si accoda a Ghana e Zambia: è ufficiale infatti il suo default, vale a dire quella situazione in cui un paese non è più in grado di ripagare i suoi debiti. Il fattore scatenante è stato il mancato pagamento di 33 milioni di dollari sul suo unico titolo di stato internazionale. Si tratterebbe di una cedola su un’obbligazione da 1 miliardo di dollari, emessa nel 2014 e in scadenza nel dicembre del 2024. Come riporta Il sole 24 ore il governo aveva un periodo di 14 giorni per rientrare ma ha scelto di non avvalersene “perchè vuole trattare tutti i creditori nella stessa maniera” ha dichiarato alla televisione pubblica Ahmed Shide, il ministro delle Finanze etiope.
Si tratta dunque del terzo Paese in Africa a finire in insolvenza sul suo debito estero dallo scoppio della crisi del Covid, seguendo lo Zambia nel 2020 e il Ghana nel 2022. Del resto, secondo la World Bank, almeno il 60% dei Paesi a basso reddito è a rischio elevato di sofferenza debitoria. Nell’intervallo fra i due, e fuori dai confini africani, si somma anche il caso dello Sri Lanka: l’isola dell’Oceano Indiano che ha dichiarato ad aprile dello scorso anno la sospensione del pagamento del suo debito estero, il suggello di una crisi scandita da un’inflazione volata oltre il 50% e una penuria di valuta estera che ha intralciato l’acquisto di beni dall’estero. Sia lo Zambia che il Ghana si sono avviati a percorsi di ristrutturazione del debito sotto il cappello del Common Framework, un’iniziativa partorita e coordinata dal G20 insieme al Club di Parigi per raccordare soluzioni ‘sostenibili’ ai Paesi con reddito basso e livelli di indebitamento fuori controllo.
ETIOPIA: LE CAUSE DEL DEFAULT
Ma dove rintracciare le cause del default dell’Etiopia? Sicuramente Addis Abeba ha risentito dei contraccolpi della crisi pandemica e, soprattutto, della guerra civile con il Tigray, un conflitto che si è trascinato dal 2020 al 2022 e potrebbe essere costato fino a 600mila vittime, paralizzando l’agenda riformistica che era valsa la ribalta internazionale al premier Abiy Ahmed .
C’è anche chi contesta la solidità del ‘miracolo economico’ dell’Etiopia scandito da una crescita media del Pil pro capite del 7% fra 2004 e 2019, evidenziando quanto l’espansione nominale del Paese si reggesse sul ricorso ai prestiti in valuta estera incoraggiati dalle istituzioni multilaterali e diventati una zavorra finanziaria ai primi accenni di crisi. A tutto ciò si aggiunge infine un’inflazione corsa a ritmi di oltre il 15% nel 2012-2022 ed esplosa oltre il 30% nell’ultimo biennio, mentre le finanze pubbliche appaiono sempre più vacillanti. Una stima governativa riportata dall’agenzia Reuters pronostica un “buco” da 11,5 miliardi di dollari da qui al 2027-2028 e riserve di valuta estera capaci di coprire appena 0,2 mesi di importazioni.
COME USCIRE DAL DEFAULT
Finora le discussioni in seno al Common Framework sono state ritardate dalla guerra civile in Etiopia, ma a novembre di quest’anno, in una situazione di particolare crisi, i governi internazionali creditori dell’Etiopia avevano accordato al paese di sospendere temporaneamente il pagamento del debito. Tra questi c’era soprattutto la Cina. Al paese africano non resta che trattare per la ristrutturazione del debito.
La proposta avanzata dall’esecutivo etiope è di diluire il pagamento degli interessi fino al 2032, riducendo i rendimenti dal 6,625% al 5,5%. Il valore nominale dell’obbligazione si attesterebbe comunque a 1 miliardo di dollari, evitando agli investitori privati il cosiddetto ‘haircut’, cioè la decurtazione del capitale versato in origine. Al momento non è chiaro quale sia la risposta degli obbligazionisti, mentre crescono i timori per nuovi default a sud e nord del Sahara. Una delle economie più in bilico rischia di essere in particolare l’Egitto.