Il fallimento di una banca è sempre un motivo di tensione finanziaria perché il rischio di contagio è alto. Silicon Valley Bank (SVB), che da qualche giorno occupa le prime pagine dei giornali, a fine 2021 capitalizzava 40 miliardi di dollari; una cifra rilevante anche per il mercato americano. Il fallimento e poi l’intervento d’emergenza con cui si è deciso di garantire tutti i depositi ha avuto tra i tanti effetti quello di spostare le attese di rialzo dei tassi della Fed di settimana prossima a soli 25 punti mentre settimana scorsa si dava per scontato un rialzo di 50 punti.
Ieri è uscito il dato sull’inflazione americana di febbraio (+6,0% rispetto a dodici mesi fa): siamo molto lontani da una normalizzazione, ma l’aumento dei prezzi ha rispettato le attese e quindi il mercato ha potuto consolidare un nuovo scenario: la Fed sarà più prudente nel rialzo dei tassi per evitare che le tensioni finanziarie esplodano.
L’inflazione non è domata e ieri la Fed di Atlanta pubblicava il dato sull’inflazione durevole che rimane elevata e in rialzo rispetto ai cali degli ultimi mesi. Il calo del prezzo del petrolio e del gas potrebbero aiutare nei prossimi mesi e togliere pressione. La decisione della Fed di settimana prossima arriva dopo uno snodo importante perché finora la banca centrale ha potuto alzare senza alcuna controindicazione.
Ciò che importa è che qualsiasi rallentamento dei rialzi o, addirittura, la loro fine o inversione nello scenario attuale può solo riaccendere l’inflazione. Il 2022 è diverso dal 2008 e dal 2011 perché lo scenario geopolitico è cambiato radicalmente e perché quindici anni fa non c’era traccia della rivoluzione green. Oggi siamo in una situazione di conflitto, guerra commerciale e ristrutturazione delle catene di fornitura globale che non è una pausa in un quadro di globalizzazione. Lunedì, mentre i mercati crollavano ed era ancora fresca la notizia del fallimento di SVB, le obbligazioni statali festeggiavano e i loro rendimenti scendevano. È la scommessa, dimostratasi valida nel 2008, che una crisi finanziaria porta a deflazione e politiche monetaria espansive.
Nel nuovo mondo, ufficializzato con l’invasione dell’Ucraina, questo non è più necessariamente vero. Non è affatto chiaro cosa possa succedere se si scoprisse che l’inflazione è strutturalmente molto più alta dei rendimenti offerti dalle obbligazioni statali e, ancora di più, che l’inflazione può continuare anche in un quadro di rallentamento o crisi economica. Le economie sviluppate assumono caratteristiche simili a quelle dei paesi emergenti.
Torniamo al fallimento di SVB. I depositi della banca, attiva nel mercato delle start-ups e dei venture capital, dal 2019 al 2022 sono triplicati; è un movimento che non è affatto estraneo al diluvio di liquidità messo in atto dalle banche centrali nella primavera del 2020 per far fronte ai lockdown. Se non è possibile o non si vuole alzare i tassi e far rientrare l’inflazione perché altrimenti si rompono i mercati la conclusione è una sola: inflazione alta e strutturale e forse anche più alta di quella vista a fine 2022 al di là delle prospettive di breve. Tutto questo in un quadro mai visto di limiti e vincoli all’impresa e alla proprietà privata in nome della rivoluzione green e delle ragioni del conflitto.
La tentazione di lasciare fare agli Stati e di accettare strumenti di politica monetaria innovativi, come le valute digitali, sembra irresistibile. Dietro la superficie dei mercati si vedono, sicuramente in Europa, i piani quinquennali e gli espropri proletari; come quelli della casa e della macchina che vengono discussi in questi giorni in sede europea. Agli americani questi eccessi probabilmente verranno risparmiati. Dato che non si può contenere l’inflazione con i metodi tradizionali, perché non si possono alzare i tassi, perché manca l’energia per aumentare la produzione e perché la ristrutturazione delle catene di fornitura richiede un decennio, la tentazione è gestirne le conseguenze mettendo nelle mani degli Stati la “soluzione” del problema che si impedisce alle imprese di trovare.
Del “capitalismo” e, soprattutto del libero mercato, rimane solo il ricordo e, coerentemente, anche della libertà sostanziale delle persone. Ufficialmente è ancora l’Occidente, ma sotto la superficie si vede la Cina e il suo modello. Questo, la “cinesizzazione”, è il prezzo che si paga per la tranquillità dei mercati e la rivoluzione green. Non si è guardato per mesi, nel 2020, con invidia la Cina e la sua gestione del Covid?
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