Fabio Panetta, governatore di Bankitalia, nei giorni scorsi ha riflettuto sulla deglobalizzazione nel corso di un intervento alla XV Conferenza Maeci-Banca d’Italia con i delegati e gli addetti finanziari, citato dal quotidiano Libero. Un tema, ha riflettuto, “di grande rilevanza e attualità”, a fronte di anni in cui “abbiamo assistito a un forte aumento delle restrizioni commerciali determinato soprattutto dal serrato confronto tra Stati Uniti e Cina”, ma anche a limitazioni “alla mobilità del lavoro e dei capitali“.
La deglobalizzazione, peraltro, secondo Panetta, “rappresenta un fenomeno nuovo, ma in qualche misura fisiologico”, perché se la crescita è stata alimentata da una serie di eventi difficilmente ripetibili, lo stesso sta accadendo con il rallentamento della globalizzazione. Tutti, infatti, è iniziato a causa “della pandemia e dell’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia”, e poi è stato alimentato “dalla crisi nel Mar Rosso” e dalle tensioni politiche in “Asia, Africa e Medio Oriente”. Il problema, riflette Panetta, è che la deglobalizzazione da fisiologica rischia di diventare strutturale, in un mondo in cui “l’incertezza e l’instabilità del quadro geopolitico potrebbero rappresentare la norma”, con conseguenti problemi “soprattutto per le economie strettamente integrate negli scambi internazionali come quelle dell’Italia e della Ue”.
Fabio Panetta: “Contro la deglobalizzazione l’Africa è un’opportunità per l’Italia”
La deglobalizzazione, secondo Panetta, se diventasse strutturale “comprimerebbe il benessere della popolazione mondiale in media del 5%“, con un ulteriore aumento al 10% nel caso in cui “la frammentazione [del commercio] limitasse la diffusione delle tecnologie”. Una crisi di questo tipo, “limiterebbe inoltre la capacità di rispondere a questioni globali come il cambiamento climatico e i rischi di pandemie”, con effetti negativi anche “sulle relazioni politiche, la cooperazione, la pace”.
Per limitare gli effetti della deglobalizzazione, dunque, secondo Panetta, è necessario “ripensare le nostre strategie di crescita” puntando a nuovi legami “con aree del mondo geograficamente vicine e con elevate potenzialità e bisogni”, tra cui ovviamente, e soprattutto, “l’Africa“. Rafforzare il paternariato africano, per l’Italia, “può avere una valenza strategica”, perché “il potenziale di espansione è evidente” in un paese con “abbondanza di risorse naturali [e] una popolazione giovane e in crescita”. Nei confronti dell’Africa, precisa ancora Panetta, bene ha fatto l’Italia che con “il Piano Mattei che mira a promuovere iniziative di cooperazione con i paesi africani”, grazie ad “un attento coordinamento tra politiche economiche e industriali, politica estera e diplomazia economica”. La crescita africana attraverso “la diversificazione produttiva e la crescita dei redditi”, conclude il governatore di Bankitalia, “genererebbe opportunità commerciali anche per le esportazioni italiane“.