Charlie Hebdo non è più un giornale come gli altri. Dopo l’attacco del 2015 è diventato «uno strumento per combattere l’islamismo, il totalitarismo». Lo sostiene Eric Delbecque, esperto in sicurezza interna ed ex vicedirettore della sicurezza del settimanale. Ne parla sulle colonne di Le Monde, invitando a non rinunciare al pensiero critico e alla libertà, nonostante le minacce che il settimanale riceve per la sua satira feroce. «Il peso della morte lo ha reso qualcosa di diverso». Il riferimento è ai «giornalisti e i vignettisti che hanno pagato con la vita il diritto di usare la libertà di espressione», ma bisogna guardare oltre e non alimentare il dibattito sulle scelte editoriali di Charlie Hebdo.
«I nemici della libertà sono ovunque, diversi e numerosi, così come le armi per combatterli. È pertanto necessario identificare correttamente l’avversario e trovare i mezzi più appropriati per indebolirli, proprio come l’acqua erode impercettibilmente le rocce più dure», prosegue Eric Delbecque. Questi sostiene che la prima cosa da fare, e la più importante, contro l’islamismo, definito «un fascismo che riproduce gran parte dei metodi dei suoi predecessori, a partire dalla guerra ideologica, culturale e psicologica», è «non cedere al ricatto di tacere pena ritorsioni».
“ISLAMISMO MOVIMENTO DI CONQUISTA VIOLENTO”
Tacere sarebbe sbagliato. «L’islamismo è un movimento di conquista violento ed egemonico», scrive Eric Delbecque su Le Monde. Il terrorismo per lui non combatte contro ciò che facciamo, ma «contro ciò che siamo». Non servono ragioni, ma si serve di pretesti per perpetrare violenza. «È un errore strategico pensare il contrario». Delbecque ci tiene a precisare «che i vignettisti di Charlie Hebdo non sono degli idioti irresponsabili e stupidamente provocatori». Charlie Hebdo è una parte dello spirito francese, «capillare, che esprime attraverso la sua insolenza – vitale per la sopravvivenza del pensiero critico – la richiesta di vivere liberi, di alzarsi, di resistere a tutte le forme di dominio che sono determinate a schiavizzare gli altri». Il riferimento è a quanto sta accadendo in Iran, infatti c’è un appello alla Francia, «che non ha il diritto di sdraiarsi davanti a mullah che vediamo in uniforme nera con berretto a teschio, pettorine e stivali di pelle». Infine, Delbecque rimarca la differenza tra Charlie Hebdo, ma più in generale la Francia e gli islamisti: «Siamo Charlie perché siamo francesi, perché non ci lasciamo trattare come lacchè da un branco di vecchi, ideologi odiosi e bruti che infangano la parola “Dio”, e perché vogliamo respirare l’aria della libertà fino alla morte».