La serie tv sul delitto di Avetrana e l’omicidio di Sarah Scazzi non andrà in onda su Disney+, almeno per il momento: il tribunale di Taranto ha accolto la richiesta del sindaco per la sospensione. La messa in onda, prevista inizialmente per il 25 ottobre, è stata bloccata con un provvedimento del giudice Antonio Attanasio, della sezione civile, in merito al ricorso urgente presentato nei giorni scorsi da Antonio Iazzi tramite un pool di legali.



Con questa pronuncia è stata decisa la sospensione cautelare della serie “Avetrana – Qui non è Hollywood“, che ripercorre la vicenda della ragazza uccisa nell’agosto di 14 anni fa nel piccolo paesino della provincia di Taranto.

DELITTO DI AVETRANA, UDIENZA SU SERIE TV A NOVEMBRE

Secondo il sindaco di Avetrana bisognava sospendere la messa in onda e rettificare il titolo. Il caso però non è chiuso con la decisione odierna: il giudice, infatti, ha stabilito che l’udienza di comparizione delle parti dovrà tenersi il 5 novembre.



Il team legale che ha ricevuto l’incarico dal sindaco di Avetrana contestava con il ricorso urgente il rischio di una “portata diffamatoria” della serie tv Disney+, quindi ne chiedeva la sospensione per procedere con una visione preliminare, al fine da verificare l’eventuale associazione di Avetrana alla fiction configuri il pericolo sopracitato e se la cittadina venga rappresentata come una comunità ignorante, retrograda e omertosa. Inoltre, ha chiesto il cambio del titolo, che alimenterebbe i pregiudizi.

SERIE DISNEY+ SUL DELITTO DI AVETRANA, LA REAZIONE DEL SINDACO

Dopo aver appreso la decisione del tribunale civile di Taranto, che ha ordinato la sospensione della serie sul delitto di Avetrana a Groenlandia Srl e Walt Disney Company Italia, il sindaco Iazzi l’ha commentata esprimendo la sua soddisfazione per la sensibilità mostrata dall’autorità giudiziaria riguardo il “pregiudizio che potrebbe patire la comunità avetranese“.



Per il primo cittadino, il giudice ha ritenuto legittime le recriminazioni del Comune, visto che tale operazione “potrebbe arrecare pregiudizio alla sua immagine, intesa come espressione positiva di valori culturali e di risorse socio-economiche identitarie di una popolazione“.